Riapertura scuole a Settembre, il Veneto si orienta per la fine del mese. Poi Zaia ci ripensa

In tema di scuola va detto che le Regioni hanno per legge piena autonomia sulla determinazione del calendario scolastico

Padovaoggi.it riferisce di una iniziale intenzione del Presidente del Veneto Luca Zaia di rinviare alla fine del mese di settembre la riapertura delle scuole, per favorire il prolungamento della stagione turistica, specie quella balneare. Ma il Governatore del Veneto ci ripensa quasi subito, troppo forte il disagio per le famiglie.

Una decisione pragmatica, saggia e lungimirante.

Durante la lunga fase pandemica il conflitto e le diaspore tra Stato e Regioni hanno condizionato non poco le decisioni prese, a volte in aperto contrasto tra loro e questo ha aumentato il disorientamento tra i cittadini, in un Paese colorato a zone, persino invalicabile nei confini interni, con situazioni paradossali di veti, divieti, conferme e smentite anche sul piano scientifico. La scienza dovrebbe dettare regole uguali per tutti, salvo comprovati motivi: sovente il focus della sovrapposizione di competenze ha avuto e ha – con il decentramento autarchico – motivazioni politiche che viste da fuori hanno le sembianze dei giochi di potere. A volte ci sono ragioni per derogare da un indirizzo nazionale, altre sono una prova muscolare.

Riesce difficile per la gente normale capacitarsi ed immedesimarsi nell’idea di una Unione Europea che inceda coesa e compatta quando nella vita quotidiana i localismi spesso prendono il sopravvento.

Europa federale, Europa delle Nazioni: ma direi soprattutto Europa delle Regioni e dei Comuni.

Accade da noi ma un poco ovunque, specie negli Stati fortemente decentrati,  in genere mal si sopportano le decisioni uguali per tutti, la rivendicazione dell’autonomia a volte genera situazioni disparate e inspiegabili razionalmente, si scrive autonomia, si legge discrezionalità, a volte privilegi.

Un tempo l’anno scolastico iniziava il 1° ottobre e terminava a fine giugno, fatti salvi gli esami di maturità e quelli di riparazione a settembre: le varie generazioni di ‘remigini’ cresciute e formate in quel sistema scolastico, con un calendario unico nazionale, non mi pare abbiano per questo sofferto di turbe emotive o di forme di analfabetismo di ritorno.

Tutto tende adesso verso la facilitazione e l’avvicinamento dei luoghi delle decisioni ai luoghi delle azioni.

In tema di scuola va detto che le Regioni hanno per legge piena autonomia sulla determinazione del calendario scolastico: sul piano formale quindi se una Regione decidesse di variare le date di inizio e quelle in corso d’anno  delle lezioni si tratterebbe di una decisione ineccepibile.

Ciò che forse non piace sono gli ibridi: le scuole iniziano dopo ma chi vuole può andarci lo stesso, si riaprono ma solo in sedicesimo, ci saranno corsi e corsetti, ufficiosi e non ufficiali, intersezioni con le autonomie scolastiche e distinzione tra volonterosi e facinorosi, buoni e cattivi, ogni scuola potrebbe funzionare in modo diverso, rispetto a tempi e modalità organizzative.

Per un funzionamento territorialmente differenziato dei servizi pubblici occorre una base istituzionale federale. L’Italia è un Paese geograficamente differenziato in quanto ad esigenze e contesti di vita.

Però quando da una parte si decide in un modo, dall’altra in un altro, il governo centrale coordina e indirizza ma non decide più e quasi tutto sta scivolando verso la legiferazione territoriale senza un fondamento di autonomia istituzionalizzata bisogna chiedersi se tutti i cittadini hanno alla fini fine gli stessi diritti e gli stesso doveri, indipendentemente dalla residenza.

La scuola è un servizio pubblico di primaria importanza e svolge anche una funzione di tutela e garanzia sociale. Custodisce gli alunni e si assume la responsabilità della loro vigilanza.

A chi lasciano i figli i genitori che lavorano e se le scuole non sono ancora riaperte?
Ne veniamo da una lunga stagione di lockdown totali e parziali, disagi, scombussolamenti delle vite familiari e dell’organizzazione domestica. Abbiamo provato la DAD ma all’apparir del vero persino gli alunni se ne sono lamentati. Stare a casa non è come andare a scuola. C’è bisogno di una relazione umana che integri e realizzi in pieno quella didattica. Di tempo educativo se ne è perso troppo. Se il sistema scolastico si fa aleatorio, discrezionale, regionalizzato o municipalizzato, si creano differenze persino lesive del diritto allo studio e dell’uguaglianza delle opportunità di partenza. La deregulation applicata agli impegni scolastici produce una sorta di alleggerimento dei doveri legati allo studio, un sistema che ora si allunga e ora si accorcia, dove invece che andare a scuola si può decidere di prolungare le vacanze e andare al mare.

Per questo il Veneto ha fatto subito dietro-front. Lo studio è una cosa seria e richiede impegno, non può essere barattato con le rivendicazioni dei bagnini o il fatturato degli albergatori.

Che hanno ragione a recuperare sulle chiusure forzate ma non penalizzando la scuola.

Tra i Paesi OCSE occupiamo già le posizioni di coda in quanto ad efficienza-efficacia del sistema formativo.

Non credo che ce lo possiamo permettere ancora a lungo.