RIAPRIRE “IL POPOLO” SIGNIFICA DOTARSI DI UNO STRUMENTO DI DIBATTITO NEL SEGNO DELLA LIBERTÀ DI PENSIERO.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo rinnovato appello di Cerocchi, precisando da parte nostra, come redazione, che la risposta data da Pierluigi Castagnetti alla lettera aperta (qui citata) sgombra il terreno da qualsiasi preoccupazione a riguardo di vagheggiate resistenze o incomprensioni.

 

Ho letto con piacere il bel pezzo di Giorgio Merlo che rievoca i corsivi di Bertoldo su “Il Popolo”, alias Sandro Fontana, quando ne era direttore “politico”. Egli dimostrava con la sua libertà di lettura delle evidenze politiche e sociali che i democristiani non avevano timore a infrangere l’egemonia culturale della sinistra, poi tramutatasi in “pensiero unico” e, quindi, “politicamente corretto”.

Questa libertà culturale (mai univoca e sempre dialettica) era la vera forza del partito che adesso non c’è più e che – ormai si può dire – il Ppi non seppe (o non volle) ereditare tanto da lasciarsi convincere nel 2002 a confluire nel partito “di plastica” della Margherita.

Adesso “rumors” più o meno sotterranei fanno intravedere che il responsabili di quello scioglimento del Ppi avrebbe in animo di ridare vita alla testata “Il Popolo”, tirandola fuori dai cassetti dell’associazione degli ex-popolari che “ab immemorabili” presiede.

Personalmente con una lettera aperta su “Il Domani d’Italia” ho chiesto a Castagnetti di risuscitare “Il Popolo”, ma non come cosa sua e del suo stretto giro di amici e seguaci, bensì aprendolo alla libera e responsabile partecipazione di tutti quelli che furono i democristiani. Aprirlo a quella “libertà” che da sempre è stata il nostro più vero simbolo.

Quel giornale e la sua storia, infatti, non appartengono (se non solo legalmente) all’associazione degli ex-aderenti al disciolto Ppi, o al suo responsabile legale, ma moralmente e sostanzialmente a tutti i resti di quel popolo democristiano non ancora assuefatto all’asfissia del politicamente corretto e desideroso di “leggere” la realtà con gli occhi di quella libertà che ha sorretto l’Italia per tanti e tanti anni.

Personalmente non ho chiesto a Castagnetti di riaprire il giornale di una corrente, ma quello di un intero partito che ha saputo vivere nell’aperto confronto di sensibilità e di idee anche diverse, ma unito e forte nelle prove essenziali della democrazia.

Solo così ha senso riaprire il nostro giornale.