Riceviamo e volentieri pubblichiamo

L’appuntamento elettorale di ottobre rappresenta per Roma un’importante occasione per voltare pagina rispetto alla sciatta ed insufficiente amministrazione guidata da Virginia Raggi.

La guida della Capitale crea indubbiamente qualche preoccupazione per chiunque abbia l’idea di candidarsi a sindaco; questo spiega (in parte) il motivo per il quale destra e sinistra non abbiano ancora definito in modo netto e chiaro il profilo (e quindi il nome) dei rispettivi candidati per la più importante poltrona del Campidoglio.

Il centrosinistra ed il Partito Democratico in particolare sono chiamati a giocare un’importante partita carica di simbolismi politici; per questo a Roma non è possibile confondersi con l’amministrazione uscente e non è opportuno cercare o auspicare un accordo con il Movimento 5S, con o senza la Raggi.

A Roma il centrosinistra deve affrontare la competizione con l’obiettivo di vincere senza il M5S; perché Roma incarna il valore simbolico di quel Movimento che nel 2016, vincendo nella Capitale, di fatto si candidò a guidare il Paese come poi accadde due anni dopo a seguito delle elezioni del marzo 2018.

Dopo cinque anni di amministrazione fallimentare, costruita sulla gratuita denigrazione di tutto ciò che era fuori dal M5S, è necessario battere politicamente i cinque stelle sul campo, proprio su quel campo che li vide iniziare la loro marcia verso il governo nazionale; va peraltro ricordato che la Raggi vinse intercettando il consenso determinante della destra romana che al ballottaggio si trovò priva di un proprio candidato.

A Roma è quindi necessario vincere per ricominciare; vincere per avviare un percorso che possa portare – quando e come sarà possibile – anche ad una più larga alleanza di centrosinistra che veda il Partito Democratico non come mero elemento aggiuntivo, ma come punto di aggregazione delle forze democratiche e progressiste.