Non bisogna essere indovini per scorgere dietro le parole asciutte e severe di Mattarella, così come sono state pronunciate l’altra sera al Quirinale davanti alle telecamere, il senso di irritazione per l’ambiguità dei partiti. Il Presidente ha fatto intendere che la proroga concessa deve portare a un risultato concreto e nondimeno coerente.

Ora, le trattative per una nuova intesa di governo vedono il M5S e il Pd impegnati a rimuovere gli ostacoli – primo tra tutti quello della designazione del premier – che gli avversari della svolta cercano di ingigantire e moltiplicare. Il rilancio del Conte bis mette in imbarazzo Zingaretti e lo espone all’accusa di cedimento su tutta la linea nel confronto con i Pentastellati. L’impressione, d’altra parte, è che Di Maio e Grillo abbiano esigenza di confermare il premier uscente perché non sono in grado di avanzare ipotesi alternativa. Dunque, più che un rilancio sarebbe un arrocco.

D’altronde Salvini, lasciando ancora ai margini Berlusconi, ha dato l’ennesima prova di acrobazia politica annunciando di essere pronto a ricomporre il quadro gialloverde, anche con Di Maio Presidente del Consiglio. Ormai siamo all’improvvisazione come arma privilegiata della selvatichezza politica, con il distacco da un sano principio di razionalità. Sì sta superando il limite oltre il quale si palesa la perdita del senso della decenza. I singoli fotogrammi di questa crisi agostana restituiscono volta a volta una immagine diversa della realtà. Anche i più acuti commentatori, nel valutare gli sviluppi della trattativa in corso, sono costretti ad arrendersi dinanzi alla mutevolezza di umori e di gesti. Può accadere ancora di tutto, si dice.

In realtà, nessuno può illudersi che la crisi possa chiudersi all’insegna del rocambolesco. Il Capo dello Stato, indisponibile a coprire qualsiasi accrocco di potere, ha fatto presente che martedì non tirerà le somme di questa lunga verifica in base agli annunci e alle smentite, e neppure in base agli ordini o ai contrordini che si sovrappongono a ritmo serrato, ma avvierà un nuovo giro di consultazioni per acquisire formalmente le conclusioni a cui saranno pervenuti i singoli partiti. Lo spettacolo di una crisi che si avvita su stessa, per poi additare  il ripristino del vecchio quadro di governo, sarebbe lesivo della credibilità del Paese. Che Mattarella possa soggiacere a tale eventualità è da escludere. È più facile che sciolga le Camere.