RISCHIO SCISSIONE NEL PD? IL NUOVO POPOLARISMO COME ARGINE ALLA DERIVA RADICALE.

Se fosse stravolto il manifesto ideato nel 2007, mortificando il contributo del popolarismo e sposando una “deriva radicale”, non è difficile immaginare che si tratterebbe di una “cosa nuova” destinata a provocare una scissione ai danni del Pd.

Se fosse stravolto il manifesto ideato nel 2007, mortificando il contributo del popolarismo e sposando una “deriva radicale”, non è difficile immaginare che si tratterebbe di una “cosa nuova” destinata a provocare una scissione ai danni del Pd.

 

Domenico Rogante

 

Il clamore mediatica suscitato dal convegno de “I Popolari” dello scorso 19 Dicembre ci dà l’idea di quanto quella Comunità, nonostante l’indecifrabile valenza elettorale, continui ad essere un punto di riferimento politico. L’incontro, nella cornice storica dell’Istituto Sturzo di Roma, ha raccolto tanti politici, intellettuali, cittadini che hanno risposto in maniera entusiasta alla chiamata del leader storico Pierluigi Castagnetti, per prevenire la “deriva radicale” del Partito Democratico, ma soprattutto per rilanciare i valori fondanti del pensiero cattolico democratico che così tanto ha dato al nostro Paese e da cui non si può prescindere se si vuole tentare di comprendere le tante trasformazioni che ci attraversano in questo tempo. La lotta alle disuguaglianze in una società sempre più globalizzata, la centralità del lavoro coniugata al tempo dello sviluppo tecnologico e digitale, la crisi della democrazia rappresentativa, l’ecologia integrale, la pace e l’integrità delle istituzioni europee nell’attuale contesto internazionale, sono tutti temi che pongono al centro la persona e lo sviluppo umano integrale e per questo richiedono uno sforzo collettivo straordinario nell’analisi, nel confronto e nella ricerca di soluzioni comuni.

 

Risulta quindi evidente, che pensare di rispondere a questioni così cruciali con la sbandierata esigenza di “più sinistra” oppure con una necessaria “svolta socialista”, rappresenta un tentativo maldestro di semplificare problemi in realtà molto complessi, quando, invece, ci viene chiesto di avere una visione più ampia e condivisa della realtà, per governarla con una grande capacità di mediazione degli interessi e dei bisogni e, soprattutto, questa scelta radicale di sinistra pura suppone di possedere risposte nette e chiare, ignorando quanto siano “radicali”, per esempio, le posizioni di Papa Francesco sul capitalismo. Nel contesto congressuale del Partito democratico, se questa richiesta massimalista di “sinistra pura” tendesse a stravolgere il manifesto valoriale ideato da Reichlin e Scoppola nel 2007, non è difficile immaginare che si tratterebbe di una “cosa nuova” e, quindi, provocherebbe una scissione che condannerebbe inevitabilmente il Partito democratico ad una dimensione minoritaria e ad un ruolo di forza politica di opposizione “eterna”.

 

Non possiamo non notare, inoltre, le incertezze manifestate dal Segretario Enrico Letta, il che ci fa pensare se non sarebbe stato meglio avere un segretario di transizione, ma pienamente legittimato a gestire questa fase, invece che un segretario condizionato che dà l’idea di essere sfiduciato.  Tuttavia, dagli interventi pubblici dei candidati alla segreteria dal PD, nelle ultime ore, sembra che la presenza e la voce dei Popolari sia stata avvertita. Infatti, il “pluralismo” e la ricchezza delle culture fondatrici del Partito è tornato ad essere considerato un patrimonio a cui non si può rinunciare, salvo dimostrarlo anche con azioni concrete.  In ogni caso, fra “I Popolari”sta emergendo la fermala volontà di rinverdire la presenza del Partito Democratico nel panorama politico attuale, orientandolo sul crinale della storia, coerentemente con la costruzione della pace, di ogni possibile forma di solidarietà, dell’unità della famiglia umana. Ma il ruolo dei Popolari deve limitarsi solo ad una sorta di “sentinella”, a salvaguardia dei valori fondanti del Pd o è arrivato il momento di fare un ulteriore passo avanti? Ovvero riprendere il percorso per offrire il proprio contributo sulla base della propria ispirazione ideale?

 

La questione morale, tornata alla ribalta con il Quatargate, ci interroga sulla qualità dell’attuale classe dirigente, sul tema dell’etica personale che deve esprimersi sul piano comportamentale, di vita morale e sulla necessità di riavvicinare la politica ai cittadini. Questa è, secondo me, la sfida che i cattolici democratici devono intraprendere. C’è bisogno di tornare a tessere una comunità, creando una rete di organismi associativi locali che facciano riferimento ad un’unica organizzazione nazionale, per far nascere nuovi luoghi di elaborazione prepolitica ed avviare una campagna capillare di formazione, con l’obiettivo di far germogliare nei nostri territori un Nuovo Popolarismo. Non per essere alternativi al PD, che anzi ci deve vedere ancor più protagonisti, ma “a prescindere da come andranno le cose”. Un Nuovo Popolarismo, saldamente ancorato ai valori e alla sua gloriosa storia, che possa essere l’attualizzazione del Cattolicesimo Democratico, come bene spiega il prof. Lino Prenna nel suo ultimo libro.  Noi Popolari ci sentiamo chiamati a rinvigorire il Pd agendo nel solco dei principi costituzionali, per essere in grado, insieme alle altre forze popolari, di rimuovere gli ostacoli che si frappongono a una piena inclusione, a una partecipazione responsabile, allo sviluppo integrale della persona.

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Domenico Rogante ha svolto uno degli interventi conclusivi al convegno dell’Associazione “I Popolari” su I cattolici democratici nella politica di oggi: sono ancora utili all’Italia? (Roma, Istituto Sturzo, 19 dicembre 2022).