Roma è andata in corto circuito. E’ necessario ripartire da zero

Se chi deve coprire le buche su Via Prenestina sigilla i bocchettoni delle fogne, non è perché Roma è complessa

“Roma è complessa”, ci dicono: ma Roma non è più complessa di Londra, costruita come Londinium proprio dai Romani, invasa dai Normanni nel 1066, bombardata dalla Luftwaffe nel 1945 e capitale di

Druidi, Celti, Gaelici, Pinti, Caledoni. Roma è allo sfascio. Questo si. Ovviamente “è colpa di quelli di prima”. La Sindaca Raggi ha la “sola” responsabilità di governare (si fa per dire) la città da due anni e mezzo

(praticamente lo stesso arco di tempo che l’ha governata Petroselli) e di aver portato la città più bella del mondo in fondo ad un tunnel buio, dal quale ci vorranno anni per riveder la luce. E per questa responsabilita politica, per mancanza di visione, di competenze e di strategia di gestione amministrativa, dovrebbe dimettersi, e dovrebbe farlo subito.

Detto ciò non si possono attribuire le colpe della decadenza ai soli politici, sarebbe una fuga dalla realtà. La società “incivile” ha collaborato fattivamente al declino.

Se chi deve coprire le buche su Via Prenestina sigilla i bocchettoni delle fogne, non è perché Roma è complessa; se alcuni che guidano gli autobus parlando al telefonino, non è perché Roma è complessa; se portiamo i nostri figli a scuola e parcheggiamo in doppia fila, o peggio nei posti auto per disabili, non è perché Roma è complessa. Roma è andata in corto circuito. E’ necessario ripartire da zero.

A Roma bisogna lavorare su tre macro-temi: cultura, strategia, infrastruttura.

Il primo tema deve essere la Cultura: è necessario ripartire ristabilendo la cultura della legalità. Le illegalità, piccole e grandi, tollerate con l’indifferenza di chi le ha viste tutte, diventano sistema. Roma deve tornare ad essere una città civile, tollerante, aperta, democratica, vivibile per i residenti e i visitatori.

Secondo tema, Strategia: la città non può autogovernarsi, né promuovere l’incentivo ad arrangiarsi. E’ necessario costruire un percorso di sviluppo che recuperi la vocazione della città: Roma è capitale spirituale, ha in sé la Città del Vaticano, e capitale turistica in possesso di un patrimonio storico e culturale immenso, unico al mondo ma per nulla valorizzato.

La filiera economica va organizzata e gestita: l’industria dell’audio-visivo con la Rai e gli stabilimenti di produzione di Cinecittà e Via Tiburtina; l’industria dell’istruzione con innumerevoli enti ed istituzioni universitarie; l’industria della tecnologia con la Tiburtina Valley; l’industria dell’energia con tre grandi aziende energetiche italiane (Eni, Enel e Acea); l’industria dello sport, con società professionistiche in tutte le discipline. Lo Stadio Flaminio, nel cuore dei Parioli, è fatiscente. Ceduto ad investitori sportivi, dietro obbligo di sviluppare un distretto dello sport che unisca lo Stadio alle aree sportive sulla meravigliosa ansa del Tevere attorno all’Acqua acetosa, potrebbe essere un’idea e andrebbe a finanziare il bilancio comunale con entrate certe e costanti. Senza contare l’enorme segmento della Pubblica Amministrazione, che va riformato per tornare ad essere un fattore di sviluppo e non una zavorra sulla produttività.

Terzo tema, Infrastrutture: le reti (trasporto, telecomunicazioni, energia) che altrove costituiscono una leva di sviluppo formidabile, a Roma sono al collasso.

La ricetta per Roma è “meno pubblico”. Roma ha bisogno di liberalizzazioni, concorrenza, produttività, creatività, redditività, permettendo anche ai privati di erogare i servizi.

L’amministrazione comunale deve trovare una nuova vocazione da “finanziatore”, “regolatore” e “ispettore” dei servizi.