Roma ha bisogno di larghe intese. Con Gualtieri nasce una giunta debole nel rapporto con la città. Calenda non rinunci al seggio.

Mai era stato toccato un livello di partecipazione elettorale così basso. I numeri indicano la necessità di contenere entro margini ragionevolmente stretti, almeno per una fase più o meno lunga, il naturale conflitto tra maggioranza e opposizioni. Occorre uno sforzo di fantasia tanto sul piano politico che su quello istituzionale.

Una qualche riflessione simpone dopo lo svolgimento di elezioni così stentate, povere di contenuti politici e persino di schede nelle urne, con lastensionismo a farla da padrona. Mai il Campidoglio è apparso così brullo, fatto salvo lo spettacolo di consorti e accompagnatori nei giorni del G20.

Una buona notizia, figlia probabilmente delle recenti polemiche sulla stampa romana, può essere rintracciata nel rinvio delle dimissioni di Calenda. A differenza di Michetti, il leader nel-centrista non abbandonerà, almeno per adesso, lo scranno capitolino. Ne guadagnerà la vita democratica municipale, magari con la successiva presa datto della necessità, anche in prospettiva, di alimentare nellAula Giulio Cesare un confronto politico allaltezza dei grandi problemi della città.  

Ora, a ridosso allinsediamento della nuova Assemblea capitolina, una domanda tiene banco. È normale che si debba avviare il nuovo ciclo amministrativo in maniera burocratica, quasi asettica, senza un colpo di reni della classe dirigente romana? No, non lo è affatto perché, come sappiamo, la crisi che ha investito la capitale in questi anni è più profonda di quanto normalmentesi creda.

Non è un tempo di ordinaria amministrazione. Maggioranza e opposizioni avrebbero o, meglio, hanno il dovere di cooperare, al di là delle divisioni di schieramento, nella cornice di un onesto e validopatto per la città”: quali visioni e strategie uniscono le forze sociali, il mondo della cultura, le reti di solidarietà? Come sintende operare, perciò, affinchè Roma si rimetta in moto vincendo la spirale di scetticismo e riluttanza?

Si avrebbe voglia di stupore ed entusiasmo, invece si registra un tono di passiva accettazione dellesistente. Nasce una giunta che poggia su basi ristrette, con la città in attesa di capire il domani. Dunque, il Sindaco Gualtieri può cadere prigioniero di se stesso, ovvero della solitudine di un potere fragile; le opposizioni, a specchio, possono consegnarsi inavvertitamente a un ciclo di auto emarginazione dai grandi processi amministrativi, barcamenandosi in vario modo per mettere legna in cascina in vista del lontano 2026.

Roma ha necessità di una scossa, se pensiamo in buona sostanza a una di quelle scosse che attingono alla generosità, piuttosto che alla negligenza e allavariza. Ecco perchè la ricerca di unintesa istituzionale larga, con uno sforzo di fantasia per individuarne le forme più adeguate, investe la coscienza dei più responsabili nel pianeta della politica metropolitana, proprio nellinteresse e per il bene di una città in debito di ossigeno, con un futuro che appare fortemente a rischio.