Roma, i candidati e i sondaggi.

 

Nella Capitale si profila una competizione che può rimettere in discussione le forze di centro, ovunque dislocate, del sistema politico italiano.

 

Giorgio Merlo

 

La partita di Roma, è inutile negarlo, è destinata a segnare il cammino della politica italiana nei prossimi mesi. E questo per tanti motivi. Per il peso dei candidati, indubbiamente. Ma anche, e soprattutto, per gli equilibri politici complessivi.

 

Andiamo con ordine. Sanno almeno 3 i punti centrali attorno ai quali questa partita è sempre più interessante per la politica nazionale.

 

Innanzitutto la scelta di ripresentarsi della Sindaca uscente Virginia Raggi. Una candidatura accompagnata da sondaggi, almeno sino ad oggi, incoraggianti. Se dovesse andare al ballottaggio, sarà curioso verificare il comportamento politico del Partito democratico – se eliminato dalla competizione – che in questi ultimi 5 anni le ha rovesciato addosso ogni sorta di accusa politica, personale e gestionale. La voterebbe il Pd? Lascerebbe libero l’elettorato di riferimento? Oppure, in ultimo, continuerebbe nel giudizio negativo mettendo sempre più a rischio quella strana alleanza tra il Pd e ciò che resta del populismo anti politico nostrano? Un risiko tutto da gustare.

 

In secondo luogo, e specularmente, se il candidato del Pd Gualtieri dovesse andare al ballottaggio sarà curioso registrare l’atteggiamento politico concreto di ciò che resta dei 5 stelle. E questo per la semplice ragione che nei lunghi mesi di campagna elettorale sarà un continuo stillicidio degli uni contro gli altri. Anche se sappiamo, ormai per esperienza consolidata, che la prassi trasformistica messa in campo dai due partiti nei mesi scorsi sul tema specifico delle alleanze può concederci di tutto.

 

In ultimo la candidatura di Calenda. Un esperimento elettorale? Un’avventura politica a cui seguirà un progetto nazionale? Una candidatura di testimonianza? Certo, molto se non tutto dipenderà anche e soprattutto dal concreto risultato elettorale che uscirà dalle urne. Un fatto è certo: la corsa di Calenda può innescare un meccanismo di scomposizione e di ricomposizione del quadro politico – come si diceva un tempo – che non investe solo il “centro” di ogni schieramento, ma potrebbe avere effetti collaterali. Appunto, per la ristrutturazione dell’intero quadro politico.

 

Ho trascurato, volutamente, il campo del centro destra non solo perchè non c’è ancora un candidato ufficiale a Sindaco, ma anche perchè è abbastanza evidente che quel campo andrà al ballottaggio ed essendo una coalizione già definita, nonchè coesa, non ci sono particolari novità da registrare.

 

Ecco perchè, comunque sia, le elezioni romane assumeranno inesorabilmente una valenza politica nazionale. E non solo per la candidatura autonoma, e forte, di un esponente di punta dei 5 stelle a Sindaco ma anche per le dinamiche che potrebbero svilupparsi al “centro” del sistema politico. Elementi che non ci sono nè a Torino, nè a Bologna, nè a Napoli e tanto meno a Milano. A Roma, insomma, ci si avvicina al crocevia delle prossime elezioni politiche generali. E anche da Roma passa il destino politico di alcuni capi partito. Perchè mai come questa volta il voto sarà decisivo per l’una e per l’altra cosa. Al di là dei sondaggi compiacenti che ci vengono propinati dai vari partiti. Che, tutt’al più, sono piacevoli divagazioni per simpatici creduloni.