L’uomo è caratterizzato dal poter esplorare il futuro. A lui è consentito, tramite l’immaginazione, unita all’esperienza e alla storia, formulare delle ipotesi circa il tempo che verrà.

Del resto, noi continuamente utilizziamo quella dimensione temporale. Lo facciamo per tempi brevi, dal mattino alla sera, dal lunedì al sabato, ma alle volte ci dedichiamo anche a vedere cose lontane. Soprattutto quando il presente è un po’ screanzato.

La speranza, infatti, è il frutto di questa operazione rivolta all’orizzonte non ancora svelato. In tempi di malanni, siamo li a costruire edifici gradevoli per il dopo. Oggi, il Covid, oltre a costringerci a stare attenti agli aspetti che accadono e sono accaduti, ci invita a pensare alla sua fine. Perché, come tutti i fenomeni naturali, anche il Covid ammainerà le sue vele.

Quando siamo in inverno, siamo presi a pensare alla primavera e all’estate; nella tempesta del virus, già guardiamo al suo definitivo allontanamento. Quando sarà?

Non è difficile prevedere che l’insieme dei vaccini, l’insieme di altre cure, di altri farmaci, di nuovi strumenti medici, lo faccia tramontare nella tarda primavera del prossimo anno e tolga completamente le sue orme dall’autunno del 2021.

L’euforia delle borse staranno pur significando qualcosa. Cos’è che le fa muovere? Non certo il presente, ma i futuri guadagni. In sostanza scommettono su che cosa accadrà nelle prossime stagioni. La sconfitta del virus è sicuramente un detonatore a vantaggio di molte attività. Non solo attività di carattere economico, ma anche di aspetti meno lucrativi.

Saggezza vuole che noi si abbia, da un lato sempre massima attenzione per quanto sta accadendo in questo periodo, ma in parallelo anche soggiornare nella sfera che seguirà questa tremenda pandemia. Così non scorderemo l’impegno di essere seri nel presente, ma non ci faremo deprimere perché già ci tufiamo nel cielo della bellezza successiva.