Dalla situazione attuale di crisi in cui sono sprofondati l’Italia, l’Europa, il Mondo ad una analisi seria delle cause e dei germi che hanno determinato questo malessere generale.

La crisi attuale affonda le sue radici su tre ordini, distinti ma non separati, di fattori: crisi politica, crisi economica, crisi culturale.

Non vi è dubbio che la crisi politica a livello mondiale risente di una assenza di modelli ai quali faceva riferimento nel corso del secolo scorso.

La caduta delle ideologie e l’inizio del nuovo Millennio hanno sancito di fatto la fine di quei partiti politici del Novecento così come si erano strutturati ed organizzati. Sono caduti miti e paradigmi che avevano accompagnato la politica degli Stati, lo sviluppo internazionale, il dibattito ed il confronto tra posizioni diverse.

La politica è stata incapace di autorigenerarsi come scienza più alta per il governo della società: personalismi, sigle elettorali, appiattimento su modelli economici superati, miopia nel saper interpretare il corso dei nuovi eventi hanno determinato un progressivo scivolamento verso l’incompetenza e l’improvvisazione della classe dirigente.

Quello a cui si assiste oggi è la progressiva perdita di valori di una società che marcia sempre più verso un individualismo sfrenato, senza regole morali. Eppure, dovrebbe essere proprio l’etica della politica a guidare le sorti di una società verso il bene comune.

Non è certo un caso se in una situazione tale l’economia abbia preso il sopravvento, forte della caduta delle ideologie, e soprattutto del mito comunista, per infondere nei partiti, nei cittadini, nella società il modello unico neo-liberista.

Tutto si risolve oggi secondo quest’ottica: quello che resta dei partititi politici (se ancora possono essere definiti tali) si coglie nel momento in cui si analizzano le proposte di natura economica che offrono alla società. Non vi è più nessun partito che non si dichiari essere neo-liberista.

Ma nessuno ha riflettuto sul fatto che anche il capitalismo, il neo-liberismo sono ormai in crisi profonda. Basta guardare la situazione degli Stati Uniti d’America per rendersene conto.

Le migrazioni di popoli, l’esplodere del terrorismo religioso e, da ultimo, questa pandemia globale sono i segni della crisi anche del capitalismo.

Occorre allora prendere coscienza di questo e cominciare ad immaginare un nuovo modello di società che metta insieme popoli diversi, culture diverse, abitudini diverse; perché la diversità non è il male da abbattere, ma il nuovo che avanza e sul quale si giocherà il futuro del genere umano.

La storia ci insegna che in ogni passaggio da un’epoca all’altra la crisi è stata anche motivo di rinascita per un mondo nuovo, diverso, più giusto. Ma c’è bisogno, appunto, di cultura storica; senza cultura storica non si fa politica e si degrada a semplice amministrazione dell’esistente.

Allora se la politica perde l’anima, il risultato sarà solo quello di una continua perdita di capacità nel rappresentare gli interessi di tutti i cittadini, di rinuncia alle sue motivazioni etiche, di abbandono del principio del bene comune, ossia il rincorrere costantemente quel populismo che in Italia ha dimostrato chiaramente essere uno specchietto per le allodole in funzione di una nuova élite dominante.