Nel difficile mestiere di Presidente della Repubblica il messaggio di fine d’anno occupa un posto tutto suo, all’epicentro di ogni difficoltà. È il sigillo della comunicazione o la forma riassuntiva di uno stile presidenziale. Sono importanti i contenuti, ma nondimeno il tono e il gesto. Se si sbaglia, prevale fatalmente l’innaturalezza.

Mattarella non ama la retorica, né predilige l’uso di parole immaginifiche, tanto per fare effetto. L’uomo risente di quella sicilianità che condensa l’eloquio in un lessico asciutto, non sempre rotondo. Mons. De Luca, chiamato a celebrare gli 80 anni di Luigi Sturzo, fece notare che la scrittura di questo grande siciliano increspava un pensiero ricco e fecondo, ne deviava il corso, come per un torrente impetuoso, dando così una versione scabra e finanche ruvida di questa impetuosità. Mattarella, anche per tale aspetto, reinterpreta la mistica del concreto che appare dominante nella connessione sturziana tra pensiero e prassi.

Al cuore del messaggio di questo finale di 2020 si coglie dunque la concreta esortazione del Presidente, quell’invito cioè a farsi tutti consapevoli della necessità che uno spirito di “serietà, collaborazione, e anche senso del dovere” giunga a sostenere la ripresa della vita sociale e politica dell’Italia. Ognuno di noi dovrebbe concentrarsi su questa frase tanto semplice, eppure tanto densa di valore. Una frase che antepone all’ornatezza del linguaggio la forza di un precetto, e non di un precetto imposto.

Mattarella si accinge a coprire l’ultimo tratto del suo mandato. Lo ha voluto ricordare lui stesso, facendo intendere che da questo momento la sua responsabilità, lungi dall’essere meno nitida, entra in una sfera di ancor maggiore sobrietà, fino a contrarsi con l’ingresso nel “semestre bianco”. Questo significa che il paracadute del Quirinale, rispetto alle inquietudini della politica, avrà per forza un’incidenza materiale più ridotta. Ma ciò renderà forse più stringente e necessario il compito che traluce dall’essere il Presidente il grande moderatore della dialettica democratica, senza escludere nessuno. Avremo più bisogno di Mattarella.