Vittorio Sgarbi scuote anche l’albero dell’Anci. In vista c’è il congresso nazionale di una delle realtà più importanti del Paese. Parliamo di quasi ottomila comuni italiani. La parte più diretta e sostanziale della nostra vita democratica e del suo concretizzarsi attorno alle questioni ” vere” che interessano i cittadini.
Si tratta della prossimità delle istituzioni  con la nostra gente, del governo di quelle che spesso costituiscono le vicende più importanti del nostro quotidiano, dell’essenza del concetto della rappresentanza politica. Questioni divenute drammaticamente attuali a seguito della crisi in cui è finito tutto il sistema delle autonomie locali per mancanza di mezzi finanziari, per complicazioni burocratiche, per il sovrapporsi di leggi e regolamenti che stanno facendo diventare quello del Sindaco e dei rappresentanti locali uno dei più difficili ” mestieri” al mondo.
Sgarbi lamenta come si stia andando, invece, quasi alla ” chetichella” verso il congresso, persino nella fase  delle assemblee regionali.
” Sono Sindaco e rimango stupito, dice Sgarbi. I Comuni incarnano una storia di libertà, sono il pilastro dell’ordinamento istituzionale, rappresentano l’autonomia delle nostre comunità. Da troppo tempo l’ANCI ha smesso di parlare a nome di tanta vitalità e bellezza dei territori. Ci vuole uno scossone. Per questo, da Sutri, voglio che salga la voce di una nuova ANCI”.
Così, il critico d’arte propone la propria candidatura alla Presidenza dell’Anci. Lo fa pensando a quello che definisce ” coro delle città d’arte e dei borghi storici, rappresentando la dimensione maggioritaria dei luoghi più belli e meno conosciuti”.
Come non seguirlo in questa sommaria, ma plastica rappresentazione di una delle risorse storiche, umane, culturali ed economiche più importanti, persino al mondo. Una ricchezza di patrimoni, di opportunità e di relazioni che andrebbero valorizzate, non mortificate.
Ora, non sappiamo quanto questa candidatura troverà consenso. Abituato com’è Sgarbi a cantare fuori dal coro, non se ne cruccierà se cadrà nel vuoto.
Ci auguriamo, però, che il suo intervento, così come quello di altri responsabili delle nostre comunità locali, porti ad un’autentica riflessione sul ruolo delle autonomie amministrative e sulla necessità che si riequilibri il rapporto dei Comuni con le Regioni e lo Stato. Deve essere superata quella pratica ” centralista” che, nei fatti, ma anche nei provvedimenti legislativi e di governo, ha finito per modificare completamente le relazioni tra le istituzioni.
Alla fine, i penalizzati sono i cittadini, le famiglie, le comunità locali. Essi vedono  nel municipio il riferimento più immediato per ciò che sta immediatamente più a cuore trovandolo, però, nella condizione di non rispondere alle attese.
Al Congresso dell’Anci speriamo di ascoltare non solo discorsi d’occasione, di non assistere a passerelle di ministri o vederci ammannite promesse destinate a tramutarsi nel contrario il giorno dopo. Lo attendiamo, invece, come occasione per ripartire per una rigenerazione del sistema delle autonomie e della rappresentanza locale.