Signorello, l’affabulatore e il condottiero.

Per capire Nicola Signorello, sindaco di Roma per appena tre anni (1985-1988), è necessario inquadrare il suo modo dintendere e praticare limpegno politico. Era un grande mediatore, ma si rivelò un vero combattente. In fondo riuscì a cogliere lanima della città.

Silvia Costa

Nicola Signorello era anzitutto una persona perbene. Incarnava la versione un po’ aristocratica e papalina del mondo andreottiano romano, dando testimonianza a sinceri e radicati valori democratici maturati fin da giovanissimo e poi coltivati tutta la vita. La sua attenzione al dialogo con le nuove generazioni si manifestava attraverso l’impegno de “Il Domani”, il suo Circolo politico, uno spazio di confronto e approfondimento aperto anche a chi non era di stretta appartenenza correntizia. Nel 1976 fu lui ad accogliere, da segretario della Dc romana, la mia candidatura al consiglio comunale. Avevo 25 anni e da poco mi ero laureata: il Movimento femminile, immaginando di contribuire al “rinnovamento” proposto da Zaccagnini, chiese di mettermi in lista. Mi accompagnava in quel lontano incontro a Piazza Nicosia (sede della Dc romana) Marco Ravaglioli, con cui avrei condiviso la mia esperienza giornalistica a “Il Popolo”, dove approdai nel 1978 (direttore Corrado Belci) dopo vari anni di collaborazione a “La Discussione” (e lì, con Ciccardini e un bel gruppo di giovani, realizzammo il supplemento “Noi giovani idee”). 

Ricordo bene il nostro passaggio all’opposizione dopo 30  anni di continuità amministrativa targata Dc. Iniziava con Argan, insigne figura di studioso, il ciclo delle giunte rosse. Il nostro era un gruppo di eletti molto numeroso (27 consiglieri sugli 80 previsti allora) e profondamente rinnovato. Sulla scia del convegno sui Mali di Roma, promosso nel 1974 dal Card. Ugo Poletti, ci lasciammo volentieri coinvolgere da don Luigi Di Liegro in un lavoro intenso e proficuo per affrontare i nodi del degrado della città. Furono gli anni terribili del terrorismo, che ogni giorno colpiva un magistrato, un politico, un militare, fino al culmine della tragedia di Via Fani; ma anche gli anni di una personale scoperta dell’altra Roma, che conoscevo poco: le periferie sterminate, le mie amate borgate, la marginalità dei giovani, e al tempo stesso la forza del volontariato, delle associazioni e dei militanti, la novità dell’impegno di stuoli di studenti e genitori negli organi collegiali…da quella partecipazione nacque una nuova realtà di impegno politico e sociale .

Giova rammentare la serietà del confronto con i sindaci comunisti che si alternarono nel periodo 1976-1985 : Argan, Petroselli, Vetere. Sarebbe un capitolo di storia politica cittadina da studiare fin nei dettagli. Comunque, dopo quasi un decennio, rovesciammo il quadro politico. Nicola Signorello, che avevo sempre visto un po’ compassato e ironico, abile mediatore e persino affabulatore, sfoderò all’improvviso la grinta del condottiero – tra i suoi collaboratori si faceva notare il prof. Alighiero Erba, ma tanti erano i professionisti romani coinvolti nella battaglia della Dc – che ci guidava alla “reconquista” del Campidoglio! Dimostrò in quella circostanza insospettabili qualità di stratega politico e insieme di “manager” dellacomunicazione e dell’organizzazione: prima il questionario distribuito capillarmente nella città e poi la campagna giocata sulle priorità programmatiche per Roma, furono i cardini di una operazione straordinariamente efficace, da cui scaturì la vittoria dello Scudo crociato! Ci galvanizzò tutti, coinvolgendoci e impegnandoci in una raffica diriunioni e incontri pubblici.

Un’ultima annotazione. Nel 1983 ero stata candidata alla Camera e a causa di brogli (che denunciai) non fui eletta. Entrai due anni dopo, nel mentre si insediava il nuovo Consiglio comunale e lui, a seguire, come nuovo sindaco. Restai poco in Campidoglio, ma potei comunque incrociarel’iniziativa che lui prese con autorevolezza: invitò tutti i capi nazionali dei partiti per chiedere loro l’impegno a presentare una legge che finalmente riconoscesse lo status di Roma Capitale. Anche in quel caso si dimostrò un politico innovatore, capace di un colpo d’ala al momento giusto.Per la Dc intervennero sia Clelia Darida che Giulio Andreotti. Ecco, mi sovviene ancora la battuta di Andreotti con cui si concluse quella seduta finanche austera. In risposta a chi enumerava, con aria mesta, i problemi pressoché insolubili di Roma, rispose alla maniera sua: “Caro collega, dobbiamo interrogarci sul perché di queste difficoltà (di cui parlava anche mia nonna dopo la presa di Porta Pia!) e cercare come classe dirigente politica di rimuovere le cause, trovando possibilmente le risposte adeguate”. E poi concluse: “Spesso diciamo che Roma è “invivibile”, ma non credo che lo sia per l’estensione fisica. Molte città in Europa e nel mondo sopravanzano Roma per dimensione, eppure sono ben governate e servite. Nécredo che il problema sia dato dal numero di abitanti:quando erano solo due, per Remo la città fu veramente invivibile!”.

In fondo Signorello partecipava di questa visione disincantata e forse proprio per questo sapeva cogliere le diverse facce di Roma, riuscendo a stabilire una ineffabile “connessione sentimentale” con l’anima popolare della città. 

Nicola Signorello sarà ricordato stamane in Campidoglio in una cerimonia pubblica voluta dal Sindaco Roberto Gualtieri in collaborazione con gli “Amici di Piazza Nicosia”.