Sinistra, ritorna la faziosità verbale e politica. Ognuno è figlio della sua storia.

Sono trascorsi appena 11 giorni dall’arrivo della Schlein alla guida del Pd e il repertorio della vecchia sinistra, fatto di attacchi personali, delegittimazione morale, disconoscimento politico e superiorità morale, è ritornato in prima linea e più in forma che mai.

Giorgio Merlo

C’è un vecchio detto popolare che interpella chi fa politica e recita che ‘ognuno è figlio della sua storia’. Si può essere d’accordo o meno con questo detto ma è una considerazione abbastanza oggettiva e che risponde, piaccia o non piaccia, a verità. Un esempio classico lo possiamo trarre dal bel libro scritto recentemente dall’amico Pier Ferdinando Casini. Al di là del suo lungo e articolato percorso politico, culturale ed istituzionale, è indubbio che Casini ha conservato lo stesso stile, lo stesso metodo e la stessa concezione della politica frutto, e conseguenza, della sua natura e del suo profilo “democristiani” maturati sin dall’inizio della sua carriera pubblica.

Ma, per tornare ad un aspetto squisitamente attuale, c’è una novità che non possiamo non cogliere nel dibattito politico contemporaneo e dove, guarda caso, si può ripetere tranquillamente quello slogan. E cioè, “ognuno è figlio della sua storia”.

E l’occasione ci viene offerta in modo persin plastico dal linguaggio “ritrovato” della sinistra italiana, soprattutto dopo l’ascesa al potere della Schlein a segretaria nazionale del Pd. Ora, è sufficientemente noto che la sinistra italiana, nella sua versione ex e post comunista, ha sempre conservato nel suo pantheon alcuni elementi costitutivi che potremmo sintetizzare con pochi titoli: la delegittimazione morale degli avversari/nemici politici; una presunta superiorità morale rispetto agli avversari/nemici politici; la criminalizzazione politica di tutto ciò che non è riconducibile al “campo largo” – per usare un termine contemporaneo – della sinistra e che viene, di conseguenza, definita come “postura fascista” o “deriva autoritaria”; la rivendicazione di una supposta e anacronistica maggior competenza e preparazione politica e culturale sempre rispetto agli “avversari/nemici politici; e, infine, la simpatia per gli attacchi ripetuti e personali contro singoli esponenti politici del campo “nemico”. Al riguardo, ne sanno qualcosa i principali leader e statisti della Democrazia cristiana nella prima repubblica: da Donat-Cattin ad Andreotti, da Fanfani a Gava, da Rumor a Forlani per citarne solo alcuni.

Ora, sono trascorsi appena 11 giorni dall’arrivo della Schlein alla guida del Pd e quel repertorio fatto di attacchi personali, delegittimazione morale, disconoscimento politico e superiorità morale, è ritornato in prima linea e più in forma che mai. E la piazza di Firenze contro un sempre più fantomatico fascismo – purtroppo nello stesso giorno in cui la mia città, Torino, veniva devastata da una furia di violenza indescrivibile da parte degli anarchici nel quasi silenzio, purtroppo, della piazza antifascista… – è stata una esemplificazione straordinaria di questo repertorio.

Al riguardo, è indubbio che l’arrivo della Schlein alla guida del Pd non può che rinfocolare e contribuire a rafforzare questo approccio in virtù di una radicalizzazione del conflitto politico sempre più marcata ed intransigente. E le prime avvisaglie hanno semplicemente confermato tutto ciò. Appunto, attacchi personali; “intemerate” moraleggianti e moralistiche; patenti di competenza distribuite ogni giorno; richieste di dimissioni persin quotidiane nei confronti di alcuni “nemici” e via discorrendo. Il tutto condito dai sermoni e dalle litanie, sempre più stanche, ripetitive e prevedibili, dei vari Fazio, Bianchi, Gruber, Formigli, Floris, Saviano, artisti, cantanti, intellettuali à la carte ed opinionisti al seguito. Il cerchio, cioè, si è praticamente già chiuso.

Ed è proprio alla luce del ritorno a pieno regime della faziosità e del settarismo della sinistra che la necessità di differenziarsi si impone non solo a livello politico, culturale e programmatico ma anche, e soprattutto, sul versante del linguaggio e dell’approccio con la politica, con i partiti, con le altre forze politiche e i vari leader politici. Il Centro, cioè, e la conseguente “politica di centro”, sono storicamente estranei ed esterni a questa decadenza e a questo approccio. Per questi semplici motivi occorre fare chiarezza. Soprattuto dopo il ritorno della “sinistra” e, con la sinistra, di tutto ciò che si trascina dietro dal passato e che pare essere sempre immutabile ed eterno.