Continuano gli attacchi attorno a Kiev e a Kharkiv, mentre peggiora l’assedio di Mariupol. Oggi nuovo round tra Ucraina e Russia. Zelensky “Le richieste di Mosca sono più realistiche”.

 

ISPI

L’Ucraina entra nella terza settimana di guerra e si prepara a un nuovo round di negoziati con la Russia. Dalle dichiarazioni dei rappresentanti dei due schieramenti trapela un cauto ottimismo. “Gli incontri continuano e, sono stato informato, le posizioni durante i negoziati sembrano già più realistiche”, ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un videomessaggio nella notte. Dall’altro lato, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto di “vedere speranze” nel raggiungimento di un compromesso. Le posizioni dei due schieramenti sono cambiate molto in queste tre settimane dall’inizio dell’invasione russa. I negoziatori dicono ci sia lo spazio per un compromesso; mentre Zelensky ha capito che per l’Ucraina l’ingresso nella NATO è irrealistico, dall’altro lato la Russia non sembrerebbe più chiedere la resa dell’Ucraina tra le condizioni per una pace. L’apparente alleggerimento della posizione russa potrebbe essere dovuto ad una situazione sul campo che si mostra sempre più complicata per gli invasori: il ministero dell’Interno ucraino ha dichiarato di aver ucciso un altro Generale Maggiore russo, Oleg Mityaev, il quarto dall’inizio della guerra. Inoltre, la Russia continua a registrare gravi perdite nell’aviazione: secondo il ministero della Difesa ucraino, in tre settimane 81 aerei e 95 elicotteri sarebbero stati abbattuti. I fronti più caldi continuano a essere la capitale Kiev, ormai prossima all’accerchiamento, la seconda città dell’Ucraina Kharkiv e la città portuale sul Mar d’Azov Mariupol, da cui sarebbero riuscite ad evacuare 20mila persone.

 

Speranze diplomatiche?

A sentire le parole di Lavrov, alcune formule di consenso tra le due parti sarebbero vicine al compromesso. Dopo la chiusura de facto alla membership NATO, la cui possibilità è stata esclusa anche dal premier britannico Boris Johnson, il compromesso potrebbe ruotare intorno allo status di neutralità di Kiev. Ma è ancora presto per parlare di progressi nel dialogo tra le due delegazioni. Oggi, nel frattempo, Lavrov ha incontrato a Mosca il suo omologo turco Mevlüt Çavuşoğlu. Un incontro che si è focalizzato soprattutto sull’informare la controparte turca sulla situazione “dell’operazione militare speciale” in Ucraina, ma anche per parlare di Siria e Caucaso. La Turchia – paese membro della NATO e con buoni rapporti con la Russia – starebbe quindi provando a porsi come mediatore per raggiungere un cessate-il-fuoco in Ucraina. Giovedì 17 marzo Çavuşoğlu andrà invece a Kiev. Il ruolo della Turchia è stato più volte considerato essenziale per una possibile mediazione: Ankara ha ottime relazioni con entrambi i paesi e la settimana scorsa ha ospitato l’incontro tra i ministri degli Esteri russo e ucraino al forum di Antalya, che ad oggi resta il vertice di massimo livello tra le delegazioni dei due stati in guerra.

 

Verso il default?

La giornata di oggi sarà un primo spartiacque per l’economia russa. La Russia deve pagare entro oggi 117 milioni di dollari in interessi su due obbligazioni sovrane. Si tratta di una prima tranche del debito: a fine mese e ad aprile, il paese dovrà pagare 359 milioni e 2 miliardi di dollari. Le sanzioni dell’Occidente hanno congelato metà degli asset della Banca centrale russa facendo perdere al rublo il 35% del suo valore rispetto al dollaro. Il presidente russo Vladimir Putin dice che la Russia pagherà il suo debito, ma in rubli, il che non è previsto dai contratti. Qualora la Russia non riuscisse a pagare, andrebbe molto probabilmente in default, anche se ci sarebbe un iniziale “periodo di grazia” di un mese. Le agenzie di rating decreterebbero quindi il default e i detentori di obbligazioni inizierebbero a negoziare. Ma i negoziati sarebbero molto complicati, considerato l’isolamento economico e la crisi crescenti. Il default del debito – che secondo alcuni esperti ricorda il caso dell’Argentina del 2020 – provocherebbe la fuoriuscita dalla Russia di capitale straniero, isolando ulteriormente il paese.

 

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