Sud chiama Nord. Per un nuovo patto di solidarietà.

Cateno De Luca, deputato all’Assemblea regionale siciliana  ed ex sindaco di Messina, nel fine settimana ha illustrato in un convegno svoltosi a Roma il processo costituente per una Piattaforma confederale di soggetti meridionalisti, autonomisti, federalisti e civici di tutta Italia al fine di proporre un grande progetto “per l’equità territoriale”.

Andrea Piraino

“Sud chiama Nord”, il movimento autonomista fondato in Sicilia da Cateno De Luca ex sindaco di Messina che alle ultime elezioni regionali è diventato il primo soggetto politico siciliano eleggendo all’Assemblea Regionale otto deputati, nel fine settimana appena trascorso ha avviato, con una due-giorni svoltasi a Roma presso il St. Martin hotel, il processo costituente per una Piattaforma confederale di soggetti meridionalisti, autonomisti, federalisti e civici di tutta Italia al fine di proporre un grande progetto “per l’equità territoriale”. Alla chiamata hanno risposto, oltre che numerose personalità come Pino Aprile, Marco Esposito, Pietro Busetta (del quale proprio venerdì scorso era stato presentato alla Camera dei Deputati il suo ultimo libro La rana e lo scorpione. Ripensare il Sud senza essere emigranti né briganti, Rubbettino editore), ben 33 organismi politici presenti ed operativi in tutte le parti d’Italia: da Bolzano a Lecce, da Milano a Salerno, da Bologna a Palermo, dalle Marche alla Calabria, per non dire di movimenti nazionali come Mezzogiorno Federato, Alleanza Civica, Italia dei Valori ed altri. In sintesi, un grande successo di partecipazione. Al quale va aggiunta la straordinaria qualità degli interventi e, soprattutto, la loro spontanea convergenza di analisi e contenuti propositivi nel delineare la prospettiva futura da indicare, come avvenne nel 1919 con i “liberi e forti”, alle nuove generazioni per salvare il patrimonio comune di beni e valori costruito in più di un secolo e mezzo di unità ma, soprattutto, una nuova civilizzazione nella quale si riconsideri il rapporto uomo-natura e, all’interno delle comunità, si attui finalmente quel terzo principio evocato dalla rivoluzione dei “lumi” e cioè l’ideale della fraternità.

In Italia tutto questo non è semplice perché deve superare una rottura che non si è mai composta e che ha da sempre strutturato il Paese in modo duale sia dal punto di vista economico-sociale con la connessa appendice infrastrutturale che da quello politico-culturale con un Mezzogiorno non solo sempre più penalizzato nelle sue istituzioni comunicative e di mediazione ma addirittura dichiarato complice o comunque solidale, invece che vittima, delle mafie che oggi, abbandonato il percorso stragista e terrorista, si vanno trasformando in soggetti economici che gestiscono imprese ed attività formalmente sempre più normali.

Tutto questo i numerosi interventi soprattutto degli esponenti dei movimenti del Sud lo hanno messo bene in evidenza e per questo hanno proposto una nuova visionnella quale, agli egoismi sociali ed alle divisioni territoriali, si sostituisca una rinnovata solidarietà comunitaria in grado di abbattere le nuove diseguaglianze prodotte dai processi di globalizzazione ed anche una nuova unità repubblicana che, abbandonata la strada di un regionalismo antistorico, per le dimensioni in cui divide il Paese, settario e proteso alla ricerca di egoistiche differenziazioni che cristallizzino, anzi, incrementino le attuali posizioni di dominanza, si cimenti con la costruzione di macroregioni, che, federando poteri e funzioni regionali e metropolitani, propongano strategie politiche comuni ed innovatrici. A cominciare dall’apertura al Mediterraneo ed alle sue enormi potenzialità che il cambiamento politico mondiale e l’ampliamento del canale di Suez hanno ricollocato al centro di processi politici ed economici mondiali offrendo al nostro Paese con il suo Mezzogiorno la grande opportunità di diventare la piattaforma, non solo logistica, dell’intera Europa.

Non solo. Ma dal ricco dibattito, mai astratto, ma sempre estremamente attento ai problemi concreti delle comunità territoriali a cominciare dal loro sviluppo, sono venute fuori una serie di indicazioni politiche di estremo interesse tra le quali piace ricordare: 1) il potenziamento delle Zone Economiche Speciali in modo da attirare masse di capitali esteri e da creare in tempi certi un milione di nuovi posti di lavoro; 2) la messa a regime immediata dei porti meridionali rendendoli capaci di attirare volumi importanti del traffico internazionale di materie prime e semi-lavorati; 3) il prolungamento dell’alta velocità vera e non farlocca fino a Palermo e Catania; 4) la costruzione del ponte nell’area dello Stretto di Messina, elemento essenziale a velocizzare i traffici che passano anche attraverso i rilanciati porti del Mezzogiorno; 5) l’abolizione immediata del criterio della “spesa storica” e la sua sostituzione con il criterio della “spesa pro capite” per la ripartizione delle risorse comuni; 6) la realizzazione di una presenza dello Stato che si riappropri del controllo dei territori e garantisca ai cittadini la libertà da ogni tipo di violenza e prevaricazione e il rispetto delle norme.

In sostanza, il tentativo che si è riscontrato in tutti i vari interventi è stato quello di elaborare delle linee per una nuova politica che faccia del Mezzogiorno non la zavorra del Nord ma il nuovo motore dell’Italia che, rivitalizzata da questa energia propulsiva, avrebbe così le “carte in regola” per proporsi come protagonista della nuova Europa Mediterranea, sempre più necessaria agli equilibri geo-politici del Pianeta. Naturalmente, l’operazione è di una estrema difficoltà. Soprattutto, se si pensa che la realtà del Nord è dominata da forze politiche, sociali, economiche, del lavoro e dell’impresa che tendono a mantenere il proprio status con tutti i loro mezzi a disposizione ed in particolare con il sistema della comunicazione e delle nuove tecnologie che controllano economicamente ed usano per opporre una notevole resistenza al cambiamento ed alla visione comunitaria dell’unità. La forza aggregativa dei movimenti civici, autonomisti, federalisti che grazie a “Sud chiama Nord” si è messa in moto, però, è di grande consistenza e prospettiva perché la cifra politica su cui si fonda è quella di una scelta  post-ideologica di una visione laica del bene comune e si propone l’obbiettivo di aiutare i più deboli e gli emarginati. A tal fine, pensa di utilizzare tutte le opportunità di cui il Paese dispone ed è sicura di riuscire a mettere insieme tutte le forze sane che ancora rappresentano la maggioranza degli italiani.