Suicidi, vecchiaia e pusher di modernità.

Il prof. Yusuke Narita ha suggerito ai vecchi di stazza in Giappone di far ricorso ad un “seppuku” (suicidio) per sfrondare un campo eccessivamente intasato. La commedia umana, insomma, deve abituarsi a tagliare il suo "terzo atto" perché…non sarebbe sostenibile!

La parola potrebbe dare un’idea di positiva abbondanza. Pullulare è quando si vuol dire che c’è il pieno di qualcosa. Si dice di una pullulazione quando nel regno animale il raggiungimento di un numero eccessivo di esemplari e la conseguente scarsità di risorse alimentari li spinge al suicidio. Tempo fa fu osservato come migliaia di topi, peraltro i più vecchi, si gettassero nei crepacci di un canyon, così lasciando spazio e cibo ai più giovani. Sembrerebbe che dei lemming, roditori delle zone artiche, si sono per simil ragione precipitati in mare, lanciandosi dall’alto delle scogliere. Più vicino a casa nostra, nel Veneto, senza cause precise, c’è una moria di topi di campagna e di nuovo si sta ipotizzando un suicidio di massa. 

Pull sta per tirare, nel nostro caso forse come al piccione, potando tra gli anziani, che recupererebbero nuovamente valore con un gesto di generosità verso gli altri. Pusher è quello che spinge qualcuno ad essere eroe e chiudere in bellezza la sua vita non sempre da iscrivere negli Annali. Non troppo fa Yusuke Narita, professore alla Yale University, ha suggerito ai vecchi di stazza in Giappone di far ricorso ad un “seppuku”, un suicidio per sfrondare un campo eccessivamente intasato. Yale è anche la nota marca di lucchetti. Si tratterebbe di liberarsi dai legacci della vita e passare dall’altra parte dove c’è spazio per tutti e non si dà fastidio a nessuno. Sia ben inteso, il professore ha 37 anni e quindi c’è da pensare che gli sia venuto facile questo ragionamento. Ha detto di essere stato frainteso e che in realtà si dovrebbe soltanto lasciar spazio ai giovani nell’ambito del lavoro contro una società gerontocentrica che stenta ad abbandonare le posizioni conquistate. La questione è aperta. 

Nella società del riciclo dei materiali e del recupero degli scarti i vecchi, quelli veri che non hanno più nulla da fare, sarebbero fuori dal progetto. In ogni caso sfugge la bellezza della loro esecrata inutilità. Sfugge poi la modesta soddisfazione della morte a far fuori chi le è ormai prossima. Per l’alta competitività, l’incertezza per il futuro e l’insuccesso scolastico il Giappone vanta anche un alto numero di suicidi di bambini. In tutto il mondo aumenta in modo impressionante il numero di chi decide di togliersi di mezzo, in prima linea la fascia tra i 20 e i 30 anni. Altri, soprattutto tra i giovani, preferiscono una morte a tempo, il cosiddetto “Hikikomori”, per un tempo diventare eremiti, lontano da tutto e da tutti chiusi da qualche parte, evitando ogni contatto con il mondo esterno.

I vecchi, a dirla tutta, sanno fare da soli e non hanno bisogno di accompagnatori al grande passo o di accorgimenti temporanei di scomparsa. Ogni giorno sono fatalmente più estranei al nuovo che avanza, che stentano a comprendere ed in cui riconoscersi. Giorno dopo giorno si affievolisce la nostalgia del tempo che lasciano e monta la curiosità verso l’infinito che li attende. Ma questo non è economicamente sufficiente. Occorre socialmente saper guardare ad un utile risparmio. Dal latino “parcere”, risparmiare significa tenere in serbo. Conservare per se stessi e non per gli altri. In inglese si dice “to save”, che significa anche “salvare”. Si salvi chi può è l’urlo di battaglia corrente. La commedia umana deve abituarsi a tagliare il suo “terzo atto” perché la luce del palcoscenico ed il costo dell’impresa, se completata per l’intero, diventa eccessivo. Non sarebbe insomma sostenibile. Basta che già possa intuirsi il finale, il resto è di troppo.