Suicidio assistito e eutanasia. Lezioni da nove paesi (e trent’anni di applicazione). L’analisi dell’Istituto Cattaneo

 

I nodi del lungo dibattito sulle varie forme di morte medicalmente assistita stanno ormai venendo al pettine. La sentenza della Corte Costituzionale, il referendum in arrivo e il disegno di legge in attesa di discussione sembrano diretti su una rotta di collisione nella cornice di un dibattito ancora decisamente polarizzato. Ma che cosa ci dicono le esperienze di quei paesi, come Svizzera, Belgio, Olanda, Canada, Usa, dove suicidio assistito e/o eutanasia sono già stati introdotti?

 

Asher D. Colombo

 

L’analisi dei dati disponibili sull’andamento dei suicidi assistiti e dell’eutanasia rivela due aspetti, uno relativo alle dimensioni del feno- meno, l’altro relativo alla sua dinamica. Per quanto riguarda l’incidenza delle morti assistite, i dati mostrano livelli di eterogeneità tutt’altro che trascurabili. È plausibile che queste differenze dipendano dal diverso grado di disapprovazione della pratica nelle opinioni pubbliche. Per quanto riguarda l’andamento del fenomeno, invece, sono tre gli aspetti più rilevanti. Il primo è che in tutti i paesi in cui eutanasia o suicidio as- sistito sono stati depenalizzati o legalizzati, si è registrata una crescita nel tempo dei livelli di ricorso a queste procedure.

 

Questa è variata, in media, tra l’8% e il 16% annuo a seconda del periodo e del paese, ma è la Svizzera il paese in cui è stata più elevata. Il secondo è che in nessuno di questi paesi si sono visti segni di interruzione o di rallenta- mento anche a trent’anni di distanza. Il terzo è che la crescita non sempre è stata li- neare. Ad aumentare, infatti, non è solo il numero di morti assistite sul totale, ma anche il tasso di incremento annuo.

 

Come sono state fatte le analisi?

 

Per produrre le analisi presentate in questo studio, l’Istituto Cattaneo si è avvalso di molte fonti diverse. I dati relativi ai decessi per diverse forme di morte assistita vengono da rapporti pubblicati o dagli istituti nazionali di statistica (è il caso della Svizzera), o da istituzioni governative a cui è stato attribuito il compito di monitorare l’andamento del fenomeno e che pubblicano, a cadenza in genere annuale, un rapporto contenente, in genere scarne, informazioni statistiche sull’andamento dei casi di eutanasia e di suicidio assistito, a volte stratificati secondo alcune caratteristiche, come il sesso e l’età (è il caso del Belgio, dell’Olanda, del Lussemburgo): ((BFS), 2020; Regional Euthanasia Review Committees, 2020; CFCEE, 2020; (BFS), 2012; Centraal Bureau voor de Statistiek, 2003; Oregon Health Authority – Public Health Division, 1999; Commission fédérale de Contrôle et d’Évaluation de l’Euthanasie, 2002).

 

La scelta di pubblicare i dati in questa forma appare anomala se confrontata con i decessi dovuti ad altre cause, oggetto di distribuzione periodica nelle statistiche sulle cause di morte. la ragione di questa differenza è che il suicidio assistito e l’eutanasia non costituiscono categorie specifiche tra le cause di morte primarie o secondarie. Nessuna delle due compare, infatti, nella classificazione standard delle cause di morte (IDC-10). Nelle statistiche relative alle cause di morte i decessi dovuti a suicidio assistito o a eutanasia, tanto volontaria che non volontaria, sono rubricati sotto le cause per le quali è stata fatta la richiesta di accesso alla morte medicalmente assistita da parte del personale sanitario.

 

Scarica e leggi l’analisi

https://www.cattaneo.org/wp-content/uploads/2018/03/2022-01-10-suicidio-assistito.pdf