Sussidiarietà, la risposta al fallimento di sovranismo e globalismo.

Alla richiesta di riconoscimento di Cina e Russia come partner della politica mondiale, l'Occidente, se vuole continuare a svolgere un ruolo di rilievo, può dare una risposta saggia: quella improntata al principio di sussidiarietà.

Questo mese di marzo sia per le cose che accadono che per gli anniversari che ricorrono, ci può dire molto sulla prospettiva da seguire, e innanzitutto da discutere, per fare in modo che il 2023 non finisca per assomigliare al 1939 ma sia piuttosto simile al 1989 dell’Occidente, nel senso di un inizio incruento, al netto dei conflitti ancor in corso, del passaggio dall’unilateralismo al multilateralismo.

La Cina, ormai a tutti gli effetti superpotenza globale, si prepara a prendere le redini del “secolo cinese” senza aver dovuto sparare un solo colpo. Il suo piano di pace sull’Ucraina, in un primo momento respinto dall’Occidente, sta ora attirando un tiepido e crescente interesse nelle cancellerie occidentali e s’infittisce l’agenda degli incontri internazionali nella capitale cinese. Un piano che ha il sapore dei punti irrinunciabili per un nuovo ordine mondiale multipolare, presupposto indispensabile seppur se non sufficiente, anche per una soluzione diplomatica al conflitto in Ucraina.

Nel loro recente incontro a Mosca Xi Jinping e Putin non hanno certo usato giri di parole per dire cosa ritengono irrinunciabile: la fine dell’unilateralismo. La rinuncia da parte dell’Occidente a ritenersi superiore al resto del mondo, e al doppiopesismo che ne deriva. E la parola fine a ogni progetto di governo mondiale da parte di una minoranza, sia essa, si potrebbe osservare, il governo degli Stati Uniti, o peggio ancora, come purtroppo in realtà accade, costituita da ristrettissimi circoli privati che si infiltrano e usurpano il potere nei Paesi occidentali, dettandone la rovinosa agenda che si è vista in questo secolo. In una parola Cina e Russia, all’unisono e insieme agli altri Brics e a altri importantissimi Paesi emergenti, chiedono il loro riconoscimento come co-protagonisti della politica mondiale. Nessuno può più decidere per tutti a livello mondo, dobbiamo renderci conto che non è più accettato questo, ma a tutti deve esser riconosciuto titolo a concorrere agli accordi sulle decisioni di portata globale.

Come se non bastasse questo ulteriore avvicinamento tra Cina e Russia, si devono registrare, anche su loro impulso, rapidi riposizionamenti in Medio Oriente, dove ex nemici  riprendono a parlarsi, con Arabia Saudita e Iran che riallacciano relazioni diplomatiche e con la storica vista del presidente siriano Bashar al-Assad negli Emirati Arabi. Così pure in Africa, in Asia meridionale e America Latina.

Alla luce di questi avvenimenti credo si possa vedere meglio come sia stata tragicamente miope e fallimentare la strategia imposta agli Stati Uniti da piccoli ma potentissimi circoli, come quelli costituito dai neocons, di imposizione armata dell’ordine unilaterale in Europa e in Medio Oriente. Gli anniversari che cadono in questo mese della guerra su Belgrado come quello della del tutto pretestuosa invasione dell’Iraq stanno lì a ricordarcelo.

Al delirio di questi circoli, responsabili anche nel far precipitare le cose in Ucraina, si è aggiunto il delirio dei circoli di Davos e di certi colossi tecnologici che danno l’impressione di considerare a portata di mano un governo mondiale, di cui si ergono in concreto a regolatori.

Ebbene, gli eventi in corso ci dicono che il mondo non sta andando né nella direzione sostenuta dai sovranisti (senza alleanze internazionali neanche gli Stati Uniti e la Cina avrebbero il peso che hanno) e neppure nella direzione sostenuta dai globalisti, di un governo mondiale in pratica nelle mani dei miliardari occidentali.

Ecco perché mai come ora la pace dipende dall’Occidente. Il resto del mondo lo ha espresso in un modo inequivocabile cosa vuole. Tocca all’Occidente, e in primo luogo agli Stati Uniti, indicare una posizione saggia. Che a ben vedere deriva dall’applicazione del principio di sussidiarietà, che è uno dei principi ispiratori del popolarismo, sin dalle sue origini. Anche la politica globale deve ispirarsi al suddetto principio, non nel senso di costituire un governo mondiale che, inevitabilmente porterebbe i gruppi più potenti a prevaricare sugli altri, bensì trovando dei criteri che consentano alle potenze di questo secolo di affrontare e di risolvere insieme, in amicizia e autonomia, e con reciproco riconoscimento, i problemi di portata globale.