Una tassa tanto al chilo, indifferenziata, uguale per tutti gli imballaggi in plastica, monouso o meno, riciclabili o meno, fatti con plastiche riciclate o no, che genera introiti per fare cassa e finanziare altre spese, invece che destinarne i proventi alla prevenzione, al riutilizzo, al riciclo e alle raccolte, è in contrasto con gli indirizzi europei ed è inefficace dal punto di vista ambientale.

Questo quanto sottolinea Edo Ronchi, Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile, a proposito della tassa sugli imballaggi in plastica prevista nel Documento programmatico di bilancio varato dal Governo, ricordando che tra l’altro si aggiungerebbe al “contributo ambientale” di 450 milioni all’anno che già si paga per questi imballaggi.

Servirebbero, invece – spiega Ronchi- maggiori risorse da investire per migliorare le performance ambientali degli imballaggi in plastica, per ridurre quelli monouso, per aumentare l’attuale insoddisfacente tasso del 43,4% di riciclo e per superare il target minimo del 55%, fissato dalla nuova Direttiva al 2030”.

Per Ronchi questa tassa andrebbe quindi sostituita, recependo le nuove Direttive europee, con un adeguamento normativo del “contributo ambientale” per gli imballaggi in plastica – aumentandolo quanto serve – impiegandolo di più anche per la prevenzione, per la riduzione del monouso, differenziandolo, meglio di quanto già non si faccia, per gli imballaggi in plastica riutilizzabili e più facilmente riciclabili rispetto agli altri; riducendolo in proporzione al contenuto di plastica riciclata..

Il vigente sistema del “contributo ambientale” per gli imballaggi – conclude Ronchi- a differenza della tassazione, consente rapidi e frequenti adeguamenti, necessari per la copertura dei costi, variabili per quantità e qualità, delle raccolte differenziate, nonché per intervenire, quando necessario, per garantire il ritiro e la corretta gestione di tutta la plastica proveniente dalle raccolte differenziate”.