Sono imminenti tre novità che riguarderanno la vita quotidiana degli italiani: due sono collegate alla finanziaria, la terza è un indotto derivante dalla tecnologia galoppante.
Dato che da qualche decennio a questa parte i cambiamenti si sono intensificati a volte con intendimenti e risultati migliorativi, altre recando ulteriori complicazioni di tipo burocratico anche se pensate in una direzione diametralmente opposta, sarà bene seguirne gli sviluppi normativi e le applicazioni pratiche.

Se c’è un peccato originale che in Italia scontiamo più che altrove esso si identifica nella proliferazione normativa, una sorta di bulimia di leggi, regolamenti e disposizioni che non sempre semplificano, anzi spesso confondono e creano contraddizioni e contenziosi.
Per un Paese che ha più del doppio delle leggi della Francia, quattro volte quelle della Germania e otto volte quelle della Finlandia la fagocitosi legislativa crea scompensi oggettivi ma anche distonie emotive, ansie e preoccupazioni.
C’è una specularità nell’essere patria del diritto: quella di diventare spesso patria del rovescio.

Il primo ambito tematico prevalente per ampiezza di discussioni e intensità di proposte riguarda le misure tendenti ad una limitazione dell’uso del contante, nel contesto di una più ampia strategia volta a prevenire e combattere l’evasione fiscale.
Ci sono dei precedenti : decreto Monti con limite a 1000 euro, poi corretto con l’innalzamento di Renzi a 3000 euro. Pare che la prima proposta sarà prevalente sulle altre, anche se attuata in modo graduale: iniziale limite a 3000 euro dal 1° luglio 2020, poi ridotto a 2000 e infine a 1000.
Quando si discute di questi argomenti bisognerebbe avere la capacità di prevedere le conseguenze delle decisioni, affinchè la montagna non partorisca il topolino. Pensare al target dell’utenza, che va dai giovanissimi agli anziani: specie se si impone il pagamento elettronico per favorire la tracciabilità delle spese. In Italia si contano 3,2 milioni di POS ma si usano meno che altrove: la media delle operazioni è di 1235 annue contro la medie UE di 4205. Incrementare l’uso di bancomat e carte di credito, al netto di truffe digitali, imbrogli telematici, inghippi e malfunzionamenti ridurrà l’evasione fiscale?

Il dubbio sorge spontaneo visto che si parla di circa 120/140 miliardi all’anno: l’impressione prevalente è che la cifra riguardi operazioni di alta finanza di cui non resta traccia, con trasferimenti on line di denaro, qualcosa che passa sopra le nostre teste in modo non intercettabile e che poco ha a che fare con lo scontrino per la tazzina di caffè o il panino fast food.
Quante tessere magnetiche di pagamento in uso a mafia, n’drangheta e camorra circolano intestate a compiacenti prestanome?
C’è poi un aspetto di cui finora si è poco parlato: partendo dal presupposto che la moneta in circolazione è emessa dalla Zecca dello Stato sotto il controllo della Banca d’Italia, ciò significa che un provvedimento restrittivo sull’uso del contante riguarderebbe l’euro stesso, come valuta legale degli Stati dell’UE.

Se mai è vero il contrario: ogni pagamento effettuato non con la moneta corrente ma in modo digitale dovrebbe destare preoccupazioni ancora maggiori. Infine il fatto di limitare l’uso di una valuta a corso legale in formato cartaceo con il ricorso all’uso di bancomat o carte di credito comporta per il cittadino una sorta di tassa occulta: gli addebiti delle commissioni bancarie. Viene da chiedersi fino a quale soglia di legittimità lo Stato potrebbe imporre al cittadino dei contratti con privati (leggasi Istituti bancari) per usare tessere elettroniche che comportano costi aggiuntivi. Una sorta di conflitto di interesse tra lo Stato che emette moneta e l’uso di mezzi alternativi come i pagamenti elettronici che comportano contratti di intestazione e commissioni di utilizzo.
O viene introdotto il bancomat di Stato o si prevede l’istituto dl cashback, cioè del rimborso di una parte almeno dell’importo speso, che riguardi sia il negoziante venditore che i cittadini acquirenti, come avviene nei Paesi dove le transazioni elettroniche arrivano fino all’80% dei metodi di pagamento utilizzati.

Si aggiunga infine che ben poco si sente parlare delle difficoltà che potrebbero incontrare le persone anziane, abituate da una vita al borsellino e al portafogli. Per semplificare la proliferazione di carte magnetiche si pensa infatti ad una tessera magnetica multiuso, che funga da documento di identità, tessera sanitaria, abbonamento dell’autobus e mezzo di pagamento.
La strada è ancora lunga ma percorribile. Occorre procedere cum grano salis, per evitare un flop finale già messo in conto: il permanere di altre forme di evasione fiscale di ben altro cabotaggio, dopo aver costretto i nonni a rinunciare alla mancia per i nipoti, o agli spiccioli per le piccole necessità quotidiane per le quali vale sempre l’antico detto” carta canta, villan dorme”.

Le “app” e i codici alfanumerici non sono nelle corde delle persone anziane.
Una seconda misura in cantiere prevede l’accesso ai conti correnti bancari da parte di Comuni, Province (ma ci sono ancora?) e Regioni in caso di inadempienze dei cittadini nel pagamento di tributi locali.
Una sorta di “grande fratello” che consentirebbe praticamente di ficcare il naso nelle faccende private dei cittadini facendo scattare meccanismi di pignoramento bancario, saltando la fase intermedia delle cartelle esattoriali, per ritardati pagamenti di IMU e TARI, con esclusione delle sole multe stradali , con la formale emissione di accertamenti esecutivi alla stregua dell’Agenzia delle entrate.
Onestamente pare una misura eccessiva che non tiene conto della particolarità delle situazioni, dei problemi contingenti specialmente di famiglie, anziani e fasce sociali deboli, crea un clima di terrore giacobino e nega ogni possibilità interlocutoria e di spiegazione da parte dei cittadini-utenti.

Ai tempi di “mani pulite” tutti gli italiani si sentivano sostituti procuratori, ora gli impiegati degli enti locali potrebbero sentirsi investiti da un sacro furore di giustizialismo tributario: tutti esattori con riscossione alla fonte. A quando il pignoramento bancario da parte degli oltre 700 operatori dell’energia elettrica dopo la liberalizzazione delle tariffe?
Sembra che la manovra che si sta preparando studi tutti i sistemi possibili per mettere le mani nelle tasche degli italiani, convertendo l’equazione nuovo goveno= nuove tasse.
L’ultima ciliegina sulla torta ce la porta la nuova tecnologia del digitale terrestre che ci costringerà a cambiare il televisore – anche se perfettamente funzionante – per far posto al nuovo standard di trasmissione con il doppio passaggio alla tecnologia Mpeg4 nel 2021 e Dvb-T2 entro il 2022.
Oppure ad acquistare un decoder che non tutti sono in grado di installare da sé. Viene da chiedersi se fosse proprio necessario questo cambiamento di cui la gente capisce nulla digitalmente parlando e ben poco circa la sua effettiva utilità.
Si dice: sono nuovi standard imposti dall’U.E. Avanza la tecnologia 5G e bisogna cederle il passo.

Risposta: ma stare nella Comunità europea comporta più complicazioni o vantaggi? In questo modo chi ha un televisore perfettamente funzionante sarà costretto ad acquistarne uno nuovo o a convertire (se funziona) quello in uso attraverso il decoder, con un esborso che non sarà mai compensato dal “bonus” di 50 euro previsto. Una spesa inutile vista la qualità attuale: considerato che il nuovo standard interesserà i Paesi dell’U.E. si stima che a fronte di una popolazione di 513 milioni di abitanti, e ipotizzando anche un solo televisore in ogni casa, almeno 100 milioni di apparecchi televisivi saranno mandati al macero. Una brutta notizia per chi si preoccupa della sostenibilità ambientale, dell’inquinamento e dello smaltimenti dei rifiuti.

Si discute di rimozione della plastica ma l’80% dei compenti di un apparecchio TV è fatto di plastica.
La tecnologia digitale ci porta nel futuro ma bisognerà vedere con quali tangibili vantaggi.
Chi vivrà vedrà.