Ucraina, guerra del grano e guerra dei morti.

Nella terra si coltivano ortaggi, cereali e quant’altro di più, ed anche vi si seppelliscono i morti. La guerra ribalta campi e posizioni. Ci sono immagini dal fronte che germogliano amarezza.

Giovanni Federico

Tutto è ormai questione di mercato. Ovunque e comunque vale la legge della domanda e della offerta. C’è una merce in bella mostra con attaccato un prezzo che regge finché non scade il tempo della bellezza e d’improvviso va al macero, perché non è ammessa abbia un filo di rughe, quando pur avrebbe ancora da dire. 

Nella terra si coltivano ortaggi, cereali e quant’altro di più, ed anche vi si seppelliscono i morti. Per i primi c’è una stagione di rispetto, per i secondi ogni giorno è quello buono.

Tra non molto sarà il tempo della mietitura. Il grano ha bisogno di spazio per dare colore a distese di acri ed acre è il puzzo del banco vendita aperto no limits dalla guerra in corso in Ucraina. 

Nelle difficoltà bisogna scegliere per il meglio e dare respiro alle spighe perché non si intralcino. Alla malora altri ingombri! La guerra ribalta campi e posizioni. Ai morti, invece, per compenso, il privilegio di una novità. 

Ci sono immagini dal fronte che germogliano amarezza e abitudine negli occhi che le osservano. Prima si stropicciano increduli, poi si fanno avvezzi e null’altro.

Covoni di carne, stesi in un supermercato, chissà a godere del fresco dei banchi, hanno ai piedi un cartellino con sopra un numero. Non si tratta del costo alla cassa. Di casse non ve ne sono. Ora si è moderni: c’è risparmio di imballaggi. 

Occorre sbrigarsi. Potrebbero deperirsi, diventare irriconoscibili, inutili per le preghiere smarrite, alla ricerca di approdi confusi.  

Perdessero di valore, sarebbe un cattivo affare. Gran brutta cosa una morte senza profitti. Lì dove le lacrime non sanno dove cadere. 

C’è un guerra anche tra proverbi. «Qui seminat iniquitatem, metet mala», qualcosa di simile al nostro “chi semina vento raccoglie tempesta”. Prontamente si oppone il Salmo 125“Qui seminant in lacrymis, in exultatione metent”, Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo.

Anni fa una canzone scriteriata recitava: ”Andiamo a mietere il grano…là troveremo l’amore…Tra poco sarà lavoro di mietitura e di vacanze. La guerra batterà la fiacca. O forse no.