C’è un punto, nella vicenda relativa al sostegno che Putin sta ancora garantendo al decadente dittatore bielorusso Aleksandr Lukasenko, che sinora non è stato adeguatamente evidenziato da osservatori e commentatori mentre invece riveste un’importanza straordinaria ed è pertanto ben noto a ogni analista, ad ogni esperto della materia. E, soprattutto, è ben noto all’Alleanza Atlantica.

Il punto si chiama “Suwalki Gap”: un corridoio di sole 70 miglia che divide da sud a nord la Polonia dalla Lituania ma soprattutto che, da est a ovest, collega la Bielorussia con Kaliningrad, enclave russa adagiata sul Mar Baltico.

Il timore, quasi un’ossessione, che agita da tempo i sonni dei militari e di qualche politico occidentale attento alla geografia è il rischio, nient’affatto teorico, che un giorno un significativo contingente militare russo occupi in brevissimo tempo questo corridoio strategico, isolando così i tre Paesi Baltici dal resto dell’Europa senza dare possibilità di alcuna reazione immediata al contingente NATO dislocato in Polonia. Tre Paesi che, come ben sappiamo, erano parte dell’Unione Sovietica e sono oggi membri UE. Non v’è dubbio alcuno, anche se non se ne parla, che nell’appoggio garantito a Lukasenko il Suwalki Gap giochi un ruolo rilevante.

Beninteso, si tratta di un’ipotesi estrema, oltre che drammatica per gli sviluppi militari che potrebbe comportare. Resta però il fatto che al Quartier Generale della NATO essa è tenuta nella debita considerazione. E che pure nelle alte sfere degli Stati baltici interessati essa è considerata alla stregua di un evento altamente improbabile ma non impossibile. Che richiede quindi adeguate contromisure da definirsi in sede di Alleanza Atlantica. Anche perché dopo la Crimea e dopo l’Ucraina orientale le mire di Mosca verso il Baltico e i suoi piccoli ma dinamici Stati sono abbastanza evidenti. Non sino al punto da far scoppiare una guerra, ovviamente. Ma è meglio osservare le cose con attenzione, si sostiene nelle capitali baltiche.

Il che ci conduce ad una delle ragioni di un sostegno esplicito da parte di Putin che, visto da altre angolazioni può apparire anche controproducente e comunque superato, comprensibile nella prima decade del secolo nuovo ma non più ora. Il dittatore ha fatto il suo tempo, e le manifestazioni popolari di queste settimane lo testimoniano appieno. Ora il suo disconoscimento ufficiale da parte dell’UE lo indebolirà ulteriormente. L’economia, già non florida, perderà altri punti e il malcontento popolare non potrà che crescere. Attenzione: la Bielorussia non è l’Ucraina. La vasta pianura che anticipa a occidente la vastissima pianura russa è abitata da una popolazione amica dei russi, ad essi affatto ostile. Un’irruzione poliziesco-militare di Mosca a “sostegno rafforzato” di Lukasenko determinerebbe un radicale cambio di feeling presso i cittadini bielorussi. E questo alla Russia, e a Putin, non conviene. Al tempo stesso è per lui esiziale mantenere questa sorta di protettorato economico-militare esercitato su Minsk in tutti questi anni. Non solo, ma anche per via del Suwalki Gap.