Di fronte alle smargiassate di un Salvini pronto a tutto, vestito di niente (in spiaggia) pur di ottenere tutto, bisognava reagire. E fortunatamente la reazione c’è stata. Poteva essere migliore, perché sull’accordo M5S-Pd grava l’ombra di un’ambizione puramente difensiva, a dispetto dei proclami di Grillo sulla evidenza di una grande “opportunità storica”. Nulla vietava di promuovere un’intesa più leggera, e nondimeno egualmente impegnativa, per superare l’emergenza. Il governo di tregua aveva questo significato e non implicava la partecipazione diretta del Pd, fino a ieri all’opposizione. Il suo sostegno parlamentare avrebbe comunque garantito l’innesco di una svolta. Poi, avviata la nuova fase, quel che poteva maturare lo si sarebbe visto e apprezzato.

Acqua passata. Oggi conta il fatto che parte un nuovo esecutivo e con esso un nuovo tempo della politica italiana. Anche gli iscritti alla piattaforma Rousseau hanno dato il via libera. La procedura è stata inopportuna? Probabilmente sì è circondato di suspence un evento che i maestri del web dimostrano di saper controllare nelle dinamiche più profonde. Si è trattato di un voto circoscritto al mondo pentastellato, sebbene a pronunciarsi siano state migliaia di persone e non un limitato numero di dirigenti politici – quali di norma sono gli eletti nei diversi organi, allargati o ristrettì, di un partito tradizionale. Non c’è stato nessun vulnus, dunque, alla costituzione (formale o materiale) dal momento che l’operazione si è svolta prima che al Quirinale salisse – lo farà invece nelle prossime ore – il Presidente incaricato.

Cosa è lecito attendersi a questo punto? Certamente la pubblica opinione vorrebbe riscontrare la volontà di fare sul serio, con ciò intendendo, come prima cosa, la scelta di una bella squadra di governo. Bella, cioè, perché composta di figure autorevoli, specie nei gangli vitali dell’amministrazione (Interno, Economia, Esteri e Difesa) su cui, in particolare, Mattarella eserciterà il suo diritto-dovere di valutazione, ancorché discreta e garbata. Alla sarabanda di gesti e di proclami, come siamo stati abituati nei 18 mesi del governo uscente, deve subentrare uno stile di superiore concretezza e sobrietà. Già questo darebbe l’idea di un colpo d’ala assai prezioso.

Poi, come si dice, governare non è asfaltare. Urge l’impennata che al Paese manca da troppo tempo, se è vero che da un quarto di secolo, ovvero dalla fine della “Repubblica dei partiti” che solerti strateghi hanno voluto dipingere a tinte fosche, il ciclo della crescita si è interrotto. Abbiamo di fronte il declino dell’Italia: tanto debito e pochi figli, tanti diritti e pochi doveri, tante paure e poca solidarietà. Conte ha sulle spalle una responsabilità di prima grandezza. Oltre il governo, però, c’è la forza della politica. Alle prossime elezioni avremo sicuramente un quadro ben diverso dall’attuale, specie se il ritorno alla proporzionale, in misura calibrata con le esigenze della governabilità, segnerà lo sviluppo di nuove aggregazioni politiche.

Si tratta di capire, allora, se la variegata galassia del cattolicesimo democratico incrocerà la ritrovata consapevolezza di un ruolo più organico, senza cadere nelle velleità di un risorgente integralismo. Adesso, in fondo, si riparte da una premessa largamente condivisa, quella che ha portato nel passaggio della crisi a scegliere il fronte dell’antisovranismo. Da ciò può derivare, come obbligo per tutti, la ripresa di un dialogo ad ampio raggio, ma con i tempi giusti e le aperture necessarie, evitando perciò fughe in avanti. Nessuno sa, per altro, quale sviluppo avrà la discussione sul futuro del sistema politico italiano. Un nuovo cantiere democratico implica la verifica di ciò che serve veramente o viceversa, nel concreto dipanarsi del lavoro politico, non serve affatto. Non è detto che il luogo dove i cattolici democratici applicheranno il loro talento debba avere, in senso stretto, le caratteristiche di un partito vecchio stampo, quanto invece le forme di un ambiente circolare, per qualche verso fluido, identificabile all’occorrenza nei termini di una inedita coalizione libera e permanente, capace di corrispondere alle domande di progresso e sicurezza del Paese. L’importante è che il cantiere sia vissuto e animato in spirito di autentica volontà ricostruttiva.