Un Paese si regge se tutte le sue parti funzionano al meglio. Da quelle più piccole a quelle più elevate. se scricchiola qualcosa, prima o dopo, quel malessere si espande e mette in ginocchio il tutto.Per prima cosa è indispensabile che la società civile, vale a dire i ceti produttori di ricchezza siano all’altezza del compito loro assegnato che, nella parzialità, dovranno perciò perseguire gl’interessi che li animano.

Val la pena, però, ricordare che costoro dovranno eticamente seguire le norme giuridiche. In sostanza, voglio dire che non devono evadere le tasse e nella concorrenza essere leali con chi si trova nella sponda avversa.Le agenzie di formazione dovrebbero essere sempre il fiore all’occhiello del Paese; la scuola, nei suoi diversi gradi, fino all’università, dovrebbe respirare con orgoglio la funzione per la quale è chiamata al dovere. I corpi intermedi, in primis, i partiti, perché il Paese viva al meglio, dovrebbero produrre idee e mantenere sempre alta la dialettica tra le parti. Per fare questo è indispensabile la presenza di una struttura, il cosiddetto partito, capace di attuare l’ideale che la politica ha sempre di mira.

Va persino precisato che tra i corpi intermedi, sindacati, associazione di categoria, in sostanza chi fa gli interessi dei diversi soggetti della società civile, non devono mai demordere. Un Paese, per essere in salute, deve poter contare sempre su questi “avvocati” delle parti. Bene, se questo è il modello, va ricordato che, allo stato attuale, l’Italia si scosti paurosamente dello stesso. Non c’è uno di quei segmenti elencati in precedenza, che possa dire di essere in piena salute. Adesso, ad onor del vero, non ho citato lo Stato, ma va da se che lo Stato è l’insieme di tutte quelle parti e può essere l’equivalente del Paese. Uno Stato e un Paese all’altezza dei compiti presenta una fisiologia del suo corpo in ottima salute.

Sarà perché mi porto una malattia da cinquant’anni, quella che mette in primo piano la politica, ma non stento a credere che sia questo l’indicatore più interessante da decifrare per capire com’è oggi l’Italia. Non voglio, quindi, soffermarmi sulle diverse articolazioni della società ma mettere in luce il malanno che colpisce il terreno per me elettivo: i partiti in Italia.Dall’avvento di Berlusconi si era capito che qualcosa cambiava: il partito diventava una proprietà; nulla di peggiore poteva capitare. Il partito non può essere mai una azienda. L’involuzione del Pd è sotto gli occhi di tutti. L’unico vero partito, quello che raccoglieva i due assi centrali della storia italiana, aveva il compito di mantenere vivo l’impianto di Aldo Moro e di Enrico Berlinguer. Con Veltroni si è voluto, fin dall’inizio, renderlo leggero, friabile e volatile. Oggi le conclusioni le potete trarre voi.

Ad essere sinceri, l’unico partito che si possa dire tale è il partito di Salvini. Qui, però, ci sarebbero parecchie critiche da muovere. Le riserveremo per una prossima puntata. Dei 5Stelle i sociologi potrebbero dire che sono una zattera con qualche foro di troppo e soprattutto, trainata dalla famiglia Casaleggio e, pur mutando le proporzioni, il modello non è poi diverso da quello berlusconiano.

Dentro questo orizzonte, sarà difficile proseguire. Prenderne atto è un dovere. Illuminarne i limiti è una necessità. Trovare una via di uscita è l’ideale a cui tutti noi siamo chiamati a rispondere.