Lo zar (Pietro il Grande) considerava l’unzione come una legittimazione sacrale del proprio potere illimitato”. La libertà della Chiesa, segno della piena fedeltà al Vangelo, impedisce l’asservimento della religione al potere. Un invito alla lettura di Renato Balduzzi, docente universitario, già ministro della sanità.

Di fronte agli orrori quotidiani, come fare risuonare, dentro e fuori ciascuno di noi, le parole di pace della Pasqua?

Propongo di lasciarci interrogare da alcuni densi passaggi di uno scritto di quasi trent’anni fa, il quale, ancorché inevitabilmente datato quanto a riferimenti geopolitici concreti, rimane tuttavia un thesaurus sotto il profilo storico-metodologico e della visione complessiva.

Si tratta, ancora una volta, di uno scritto di Hans Küng, nel quale il teologo svizzero (mancato un anno fa, a 93 anni) esprimeva un punto di vista che trovo molto interessante e che presenta singolari assonanze con l’approccio che papa Francesco sta sviluppando, da parecchie settimane, a proposito dell’aggressione russa in Ucraina.

 

Un’uniformazione di chiesa e Stato – sia essa bizantina, moscovita, o di quale altro tipo si voglia – non porta quasi necessariamente a una supremazia dello Stato sulla chiesa e, alla fine, a una capitolazione della chiesa di fronte allo Stato? Una chiesa e una teologia, integrate nello Stato, non smarriscono la loro funzione profetica, che devono necessariamente avere nella società se intendono restare fedeli al Vangelo?

Lo zar (Pietro il Grande) considerava l’unzione come una legittimazione sacrale del proprio potere illimitato. Si spiega così perché un secolo più tardi, nell’era di Metternich, lo zar militarista Nicola I abbia potuto formulare la seguente massima di politica interna: «Autocrazia, ortodossia, narodnost (nazionalità e pietà popolare)».

Se si riconosce che la cristianità occidentale e quella orientale non rappresentano due religioni/civiltà, ma due costellazioni in verità molto diverse, due paradigmi, dell’unico cristianesimo, il cui riavvicinamento e la cui intesa sono già stati promossi da Giovanni XXIII, dal Vaticano II e dal patriarca Atenagora di Costantinopoli, allora si riconosce anche che proprio da un’intesa ecumenica delle chiese (in Iugoslavia, in Ucraina, tra Roma e Mosca) avrebbe potuto essere preparata l’intesa tra i gruppi nazionali (perché deve essere impossibile tra serbi e croati ciò che è stato possibile tra francesi e tedeschi?).

  1. Küng, Cristianesimo(1994), trad. di Giovanni Moretto, 9.a ed. B.U.R., Milano, Rizzoli, 2019, pp. 271, 311, 865.