L’economia della zona euro ha posto fine alla tregua concessa nel primo trimestre dell’anno. Infatti nel giro di tre mesi, i partner della moneta unica sono entrati di nuovo in quella fase di decelerazione che ha messo in guardia le previsioni di tutti gli organismi internazionali. I Diciannove hanno ridotto della metà il loro tasso di crescita trimestrale: dallo 0,4% allo 0,2%, secondo il primo anticipo dell’ufficio statistico di Eurostat.

Come previsto, l’Europa ritorna, così, nell’area di una fragilità economica che si può notare anche grazie ad una debole crescita dei prezzi, poiché l’inflazione è scesa di nuovo e si è attestata all’1,1%.

La spinta del primo trimestre aveva sorpreso la maggior parte degli analisti, anche se Bruxelles aveva mantenuto previsioni prudenti. Ora in tale contesto, con la minaccia di una Brexit selvaggia che sta già innervosendo i mercati finanziari, si dovranno aspettare le prossime mosse di  Mario Draghi, prima che lascerà il posto a Christine Lagarde solo il prossimo 1 novembre.

Pur se questa flessione potrebbe essere solo dovuta ai comportamenti di  Germania e Italia. L’economia tedesca rimane la più colpita dalle guerre commerciali, mentre l’Italia non riesce ancora, secondo i mercati, a controllare il suo ingente debito pubblico.

La buona notizia arriva, invece, dal mercato del lavoro. La zona euro continua a creare occupazione in un ambiente di incertezza e bassa crescita. Il tasso di disoccupazione è sceso nuovamente a giugno al 7,5%, un decimo in meno rispetto al mese precedente. Grecia (17,6%), Spagna (14%), Italia (9,7%) e Francia (8,7%) sono sopra la media. All’altro estremo, diversi stati hanno già piena occupazione, come la Germania (3,1%) o l’Olanda (3,4%).