UNA MORTE SENZA VITTORIA. IN MEMORIA DI EDISON, ALL’ANAGRAFE EDSON, DA TUTTI CHIAMATO PELÈ.

elé è stato il più grande calciatore della storia. Ora, celebrare non è solo lodare e festeggiare ma anche frequentare e affollare. Così è stato quando migliaia di persone sono andate a rendergli omaggio, piegando il ginocchio, ora da moderni vassalli, davanti al loro idolo.

Pelé è stato il più grande calciatore della storia. Ora, celebrare non è solo lodare e festeggiare ma anche frequentare e affollare. Così è stato quando migliaia di persone sono andate a rendergli omaggio, piegando il ginocchio, ora da moderni vassalli, davanti al loro idolo.

Giovanni Federico

Il selfie è una foto di se stessi e con altri condivisa sui social network. Nel secondo caso par che si debba dire “ussie” o “groufie”. Fioccano i neologismi e gli acronimi, di un continuo nuovo che soppianta il vecchio.

Pelé è stato il più grande calciatore della storia, dichiarato “patrimonio storico sportivo dell’umanità”. Il suo vero nome è stato quello di Edison in onore all’inventore della luce.  All’anagrafe, un errore di trascrizione l’ha riportato in Edson, ma poi tutti l’hanno chiamato Pelé, perché da bimbo era tifoso di un portiere che si chiamava Bilé. Poi con il tempo le storpiature hanno fatto il loro corso. Pelé, recuperando la radice del suo nome, ha acceso la luce nel calcio e ha tutti i portieri del mondo ha rifilato oltre 1000 goal. Forse vendicando il suo Bilé, il solo che non era possibile superare.

Se ne sono appena celebrati i funerali nello stadio del Santos, la sua squadra. Ai Santi in cielo si è aggiunto anche Pelè che, per umiltà e stile di comportamento, è stato un riferimento non solo per il suo popolo.

Celebrare non è solo lodare e festeggiare ma anche frequentare e affollare. Così è stato quando migliaia di persone sono andate a rendergli omaggio, piegando il ginocchio, ora da moderni vassalli, davanti al loro idolo. Nell’occasione è stato presente anche Infantino, il capo del calcio mondiale, ed è stata subito polemica, una guerra di rilievi al suo indirizzo, di critiche e successivi chiarimenti.

Gli si rimprovera di aver fatto una foto con gli ex giocatori del Santos, compagni di squadra di Pelé, che gli hanno chiesto di immortalare l’avvenimento, malgrado si fosse vicino la salma del loro leader.  In questi casi per darsi un pensiero occorre guardare al contesto, tessere insieme gli elementi del fatto, collocando l’avvenimento nel complesso della specifica situazione.

C’è chi ha contestato l’episodio perlomeno secondo un profilo di opportunità, se cioè era il luogo e il tempo adatto per quel gesto, se era il caso di abbandonarsi, “ob portunum”, al vento che spinge la nave nel porto dei ritratti da web. Si discute insomma se ricorresse la stretta necessità di immortalarsi vicino ad una salma, se si fosse in proprio in presenza, secondo Boccaccio, di un bisogno corporale di agire come è stato.

Il padre di Pelé, Dondinho, a sua volta buon calciatore, è stato l’unico al mondo ad aver segnato in una partita 5 goals di testa. Maggior resta avrebbero dovuto usare tutti i protagonisti della vicenda. Deve aver fatto confusione il suo soprannome “ O Maleável”, il Malleabile” così che tutto sembra possa piegarsi all’istinto del momento. Per certo Infantino non aveva intenzione di mancare di rispetto a nessuno. L’infante è per definizione un bimbo innocente, che poi in guerra per la sua piccola condizione è diventato servitore e garzone, insomma un fante. Per la sua leggerezza, da fantino, è poi in seguito montato a cavallo nelle gare d’ippica, riscattando la sua condizione di uomo a terra.

Il fatto non è il buon cuore di Infantino di cui si è detto, accusato da alcuni di aver buttato la palla in out. Chiunque potrà ricordarsi il fiume umano di persone che andarono in preghiera davanti al feretro di Papa Giovanni Paolo II e dopo lunga fila, giunti al suo cospetto, non hanno mancato di scattare foto a segnare la loro presenza. È più di una moda. Più gravemente, c’è un narcisismo di cui si è persa consapevolezza e alla morte, affranta, è sfuggita, forse per sempre, la presa sul dolore che in genere dona quando è all’opera.

Che ciascuno porti costantemente a memoria il detto: “Scherza con i fanti ma lascia stare i Santi”.