Una politica estera senza ideologie. Il nuovo ruolo dei cattolici popolari.

 

Dopo la drammatica invasione dellUcraina da parte della Russia e le gestione imperiale del suo capo indiscusso, si rende non solo necessario ma indispensabile ed imperativo avere una politica estera seria e coerente che non sia più appaltata ad improvvisatori della politica o ai soliti tecnici di settore o ai tecnici o tecnocratici tour court.

 

 

Giorgio Merlo

 

La drammatica guerra a cui stiamo assistendo in questi ultimi giorni ha riproposto, finalmente e purtroppo, la necessità di avere una politica estera. Cioè una strategia che sia in grado di leggere ciò che capita nel mondo da un lato e come si può, al contempo, indicare e condizionare le dinamiche e le politiche che affrontano di volta in volta i nodi più intricati della matassa internazionale.

 

Ora, tutti sappiamo che la politica estera per molti anni è stato il risultato di scelte di campo nette, di opzioni politiche definite e di impianti ideologici che apparivano inscalfibili. Una serie di certezze che si sono sgretolate di fronte ad avvenimenti, più o meno prevedibili, che hanno segnato e condizionato l’evoluzione del mondo. Ma, è persin inutile negarlo, le culture politiche e le rigidità ideologiche condizionavano pesantemente le scelte e le strategie dei singoli partiti e delle varie coalizioni. Comunque sia, anche quelle opzioni e quelle certezze ideologiche erano declinate da una attenta e raffinata strategia politica. E, di conseguenza, interpretata da autorevoli e altrettanto qualificati leader politici e statisti. Sotto questo versante, l’esperienza della classe dirigente democratico cristiana da un lato e la stessa statura degli esponenti dell’opposizione e dei partiti di democrazia laica e socialista dall’altro – come li definiva giustamente Carlo Donat-Cattin – contribuivano a dare lustro, prestigio e autorevolezza alla definizione della politica estera italiana.

 

 

Tuttavia, con l’esaurirsi delle certezze ideologiche – salvo piccole nicchie sparse qua e là ma ormai del tutto insignificanti – e con il tramonto dei partiti espressivi di una cultura politica definita e chiara, la politica estera è diventata più un’urgenza da risolvere del governo di turno che non il frutto di una attenta e pertinente elaborazione politica e culturale. E su questo versante, soprattutto dopo la drammatica invasione dell’Ucraina da parte della Russia e le gestione imperiale del suo capo indiscusso, incontrastato e dominante, si rende non solo necessario ma indispensabile ed imperativo avere una politica estera seria e coerente che non sia più appaltata ad improvvisatori della politica o ai soliti tecnici di settore o ai tecnici o tecnocratici tour court. Cioè, detto in altri termini, adesso la politica deve ritornare protagonista al di là e al di fuori delle certezze ideologiche del passato e seppur con lo sbiadire progressivo delle culture politiche di riferimento.

 

Per questi motivi il cattolicesimo politico adesso, soprattutto adesso, ridiventa centrale e decisivo. Per il contributo di qualità e di autorevolezza che può concretamente apportare alla politica italiana e anche, e soprattutto, per la credibilità della politica estera del nostro paese. Certo, una politica che non potrà non raccogliere il patrimonio di idee, di valori, di esperienze e di storia di governo che hanno caratterizzato la lunga stagione politica della Democrazia Cristiana. Perchè anche senza la griglia ideologica, la politica non va in pensione. Semplicemente si declina giorno per giorno con modalità diverse rispetto al passato. In ogni caso con l’apporto decisivo, essenziale e determinante delle culture politiche. Che vanno riscoperte e rideclinate. A cominciare dalla nostra, quella cattolico democratico, popolare e sociale.