Viviamo in un mondo di virus  

Cosa ci racconta nel suo nuovo libro l’autore di Spillover, il bestseller sull'origine del Covid-19

Cosa ci racconta nel suo nuovo libro l’autore di Spillover, il bestseller sull’origine del Covid-19

David Quammen, l’autore di Spillover, il celeberrimo libro sull’origine della pandemia Covid 19, pubblicato negli USA nel 2012 nell’indifferenza generale e poi riscoperto e diventato il testo di riferimento per studiare le evidenze scientifiche del terribile “virus zoonotico”, ha completato il suo già documentato lavoro di ricerca con una pubblicazione recente, un volumetto di poche pagine edito dalla Adelphi (la stessa casa editrice di Spillover). Si intitola: “Perché non eravamo pronti”, che poi è la stessa locuzione usata dal sagace Prof. Arnaldo Benini, Emerito all’Università di Zurigo, come affermazione a spiegare che l’eziopatogenesi del Coronavirus è un pull di fattori convergenti e concomitanti, alla cui base stanno i comportamenti umani degli ultimi decenni, talmente inconsapevoli sulle conseguenze di certe azioni da diventare scellerati e nemici della natura, dell’equilibrio ecosistemico e della compatibilità ambientale di ciò che con troppa disinvoltura chiamiamo “progresso” (cfr. https://ildomaniditalia.eu/pandemia-covid-19-lumanita-impreparata-intervista-ad-arnaldo-benini/).

Spiegando di aver sentito parlare per la prima volta di SARS (severe acute respiratory syndrome) nel 2006 dal medico Alì Khan del National Center for Zoonotic Vector Borne and Enteric Discases (NCZVED), su casi verificatisi già nel 2003 nella Cina meridionale contagiando 8000 persone (di cui una su dieci era morta), Quammen la definisce “il proiettile che aveva sfiorato sibilando l’orecchio dell’umanità”, ma all’epoca non era stato stabilito un nesso con il coronavirus. Anni dopo Alì Khan, che aveva dedicato la sua professione allo studio delle malattie trasmissibili dagli animali, richiesto da Quammen di spiegare l’origine biologica del Covid 19, ritornò con il ricordo a quella strana polmonite atipica chiamata SARS ed affermò che la scienza aveva sbagliato nel sottovalutarla: “L’impreparazione era dovuta a mancanza di immaginazione”.

La descrizione delle modalità di contagio è impressionante: dagli hotel, alle stanze ospedaliere, alle sale di attesa, ai mezzi di trasporto, ovunque transitasse qualcuno (definito ‘super-diffusore’) che era stato a contatto con ambienti o persone affette da SARS. Il 12 marzo 2003 l’OMS diramò un allerta mondiale per quella forma di polmonite atipica. Furono adottate le misure di contenimento e cura che conosciamo: quarantena, isolamento, intubazione nei casi gravi. Dopo la SARS in Corea nel 2015 si diffuse un virus non conosciuto, denominato MERS: l’intuizione era la stessa maturata per la SARS, cioè la diffusione per zoogenesi dai cammelli e dai pipistrelli all’uomo. Ma anch’essa sottostimata, nonostante numerosi studi monografici nei cui titoli compariva sempre la parola ‘pipistrello’: focolai di corona-virus diversi si accendevano ma non si diffuse una consapevolezza locale e mondiale dei pericoli incombenti.

Sottovalutazione, sottostima: questo fu l’approccio sbagliato, nonostante una documentata relazione scientifica del 2017 che metteva in guardia dal reiterarsi di forme diverse di zoonosi per coronavirus. Quammen cita le ricerche della dottoressa Zheng-Li-Shi, direttrice del laboratorio di virologia di Wuhan, che andò a caccia di pipistrelli nella grotte cinesi, raccogliendo campioni dei loro fluidi corporei fino a dimostrare che la stessa SARS era passata da questi animali all’uomo. La spiegazione era questa: le proteine spike (spina), per via di sporgenze nodose si legano ai recettori presenti sulle cellule di altri pipistrelli ma anche a quelli presenti nelle cellule dell’apparato respiratorio umano.

Arriviamo a Wuhan e alla parte di storia che conosciamo, con una precisazione che Quammen aggiunge: non ci fu passaggio diretto dal pipistrello all’uomo nel famoso mercato di Huanan (“nemmeno se l’avessero tagliato a dadini e mangiato come antipasto”) nei primi 27 casi isolati, bensì attraverso un “ospite intermedio”: un serpente, oppure un “pangolino” ovvero la civetta delle palme. Quammen propende per il pangolino, conosciuto in 8 specie – mentre ce ne sono 1400 nei pipistrelli- diffuso come alimento in Camerun, in Nigeria e nell’Asia, soprattutto Thailandia, Cina, Malesia, Vietnam. come ospite di transito del coronavirus nell’uomo e lo fa descrivendo questo animaletto squamoso (utilizzato dalla medicina cinese per la cheratina delle squame oltre che come cibo). Campioni di tessuti prelevati da pangolini morti avevano dimostrato la presenza al 99% di dati genomici da coronavirus del Tipo Sars-Cov-2.

Dagli studi di laboratorio a Wuhan era emerso che il coronavirus fosse stato “importato” in città prima ancora del suo transito dal famigerato mercato animale. La “mancanza di immaginazione” di cui aveva riferito anni prima Alì Khan viene da Quammen imputata più ai decisori politici che agli operatori sanitari. Alle origini del Coronavirus sta l’impreparazione dei governi nazionali, l’inerzia dell’OMS, l’assenza di drastiche misure preventive di isolamento e contenimento, a cominciare dagli USA: lo stesso Trump dichiarò : “Nessuno ne aveva idea”.

Il lavoro di incessante ricerca e documentazione di Quammen si arricchisce dunque di una nuova ipotesi circa la trasmissione da animale all’uomo del coronavirus: non più o non solo i pipistrelli ma più probabilmente un ospite intermedio come il pangolino. Resta il fatto che occorre gettare un fascio di luce che faccia auspicabilmente chiarezza sull’incipit della pandemia. A prescindere dall’ipotesi della fuga virale dal laboratorio o a quella inquietante del complotto.

L’alterazione dell’ecosistema per mano dell’uomo ha provocato mutazioni genetiche e transiti virali per zoogenesi: alla base di tutto sta la distruzione degli equilibri vitali del pianeta, la compatibilità uomo-ambiente superato il livello di guardia demografico, l’alimentazione selvaggia e primitiva in certe parti del mondo, insieme all’utilizzo degli animali per fini medicali o cosmetici. Civiltà totalmente diverse di cui si auspica l’integrazione senza avere una minima cognizione storica e fattuale delle differenze inconciliabili.

Poi c’è l’insipienza della politica: avvitata su se stessa e sorda ai richiami della scienza, bypassando la storia e le alleanze in nome di una geoeconomia basata sul profitto e gli interessi economici espansivi. Ne sappiamo qualcosa anche dalle nostre parti perché mentre in Cina esplodevano i focolai di nuovi e inesplorati coronavirus, il 23 marzo 2019 sottoscrivevamo il Memorandum della via della seta, che non è stato più sospeso o revocato. Ignorando il protocollo d’intesa siglato il 28 aprile successivo dai rispettivi governi per il controllo frontaliero dei transiti commerciali dalla Cina all’Italia. Ma in questo gigantesco caravanserraglio ci sono responsabilità enormi che hanno investito il pianeta e impongono un ripensamento a 360°. Lo stesso Quammen conclude il suo nuovo libro con queste parole: “Occorre risolvere il problema alle origini, sono necessarie altre ricerche sul campo, altre campionature di animali selvatici, altri esami sui genomi. Una maggiore consapevolezza del fatto che le infezioni animali possono diventare infezioni umane, perché gli esseri umani sono animali. Viviamo in un mondo di virus e a malapena abbiamo iniziato a comprendere questo”.