20 settembre 1870: l’unità d’Italia si realizza pienamente a Roma, in seguito a un atto di forza. Quella fisica, delle decine di caduti in battaglia, soldati del Regio esercito e della gendarmeria Pontificia, e quella simbolica, di una nazione finalmente unita nel suo Stato a prezzo di una guerra contro la propria religione, contro la propria Chiesa. 

Il Papa Pio IX si rifugia in Vaticano e le famiglie nobili a lui vicine chiudono i portoni dei palazzi. E’ l’inizio di una “questione romana” che viene risolta formalmente con i Patti Lateranensi del 1929. Solo con l’affermazione del Partito Popolare italiano (fondato da don Sturzo nel 1919) i cattolici ottengono una rappresentanza nel Parlamento italiano, che oggi si vorrebbe tagliare. 

La storia ci ha allontanato molto dai sentimenti (e dai risentimenti) di allora. Sono cambiate molte vicende e situazioni. La breccia di Porta Pia segna la conclusione di un potere temporale ecclesiastico sconfitto dai tempi, prima ancora che dai bersaglieri.

Un’altra resa, più profonda, subentra in seguito. Gli italiani si arrendono al pessimismo davanti al conflitto di lealtà che divide in coscienza il fedele e il cittadino. Si arrendono alla diffidenza reciproca tra cattolici e laici (quando non anticlericali), agli equilibri di uno Stato laico ma segnato dalla presenza costante e silenziosa del crocifisso. 

Come sembra lontano lo scorso mese di febbraio, quando in un Teatro dell’Opera di Roma gremito, il Presidente della Repubblica dava solennemente inizio alle celebrazioni per i 150 anni di Roma Capitale. 

Oggi il post Covid, la recessione economica e sociale, l’incertezza diffusa, possono farci guardare in modo diverso a un nuovo ruolo pubblico dei cattolici. La cosiddetta “modernità”, con il conseguente percorso di secolarizzazione della cultura e della società, è tornata a interrogare la Chiesa sul suo rapporto con la “città dell’uomo”, spingendola in un cammino di riflessione, affinché l’invito a occuparsi delle vicende pubbliche della polis sia rivolto in primo luogo ai laici credenti.

In questo senso, i cattolici stanno imparando a essere minoranza senza rinunciare alla responsabilità ereditata dalla Storia. In altre parole, stanno imparando a essere “lievito sociale”, come suggerito a più riprese anche da Papa Francesco. Un lievito che agisce all’interno della società civile e che, senza clamore, cerca di trasformarla.